Delain - (2014)
Sarà che a forza di ascoltarli stanno diventando familiari- e, come spiega Daniel J. Levitin nell'ottimo "Fatti di musica" (Codice Edizioni, 2008), il suono familiare è la base del gusto musicale!- piuttosto che un effettivo miglioramento nelle varie componenti che formano il disco, o ancora la mancanza di una concorrenza valida- i Nightwish sono scomparsi, gli After Forever pure e il resto della compagnia stenta!- fatto sta che questo quarto lavoro in studio degli olandesi Delain mi ha conquistato!
Nonostante le solite, imbarazzanti, tendenze derivative- l'inizio dell'opener "Here Come the Vultures" ricorda non poco i Nightwish di "Imaginaerum"!- la band dell'avvenente cantante Charlotte Wessels riesce a tirare fuori dal cilindro quel qualcosa in più che era venuto a mancare sia in "April Rain" che nel successivo "We Are the Others".
Che si tratti del drumming più robusto, piuttosto che di linee melodiche tendenti ad un approccio più aggressivo e meno legato alla pura atmosfera sinfonica (ed alla ruffianeria più spicciola...) o i notevoli miglioramenti vocali della bella cantante, poco importa. Quello che, ascoltando "The Human Contradiction", perviene all'ascolto è un sound maturo, fortemente legato alla frangia più commerciale del metal sinfonico-gotico ma anche in qualche modo sperimentale e ricco di sfumature succose.
Che la musica sia cambiata lo si capisce anche dai brani più vicini alla mediocrità: l'iniziale "Here Come the Vultures" e le ruffiane "Stardust", "My Masquerade" (tutta The 69 Eyes!) e "Lullaby" ad esempio. Pur avendo sempre l'ombra maligna del copia-incolla ad aleggiare sugli spartiti, i Delain sembrano destreggiarsi bene un po' in tutti gli episodi del disco. Il ché, visti i trascorsi della band, è un passo avanti da non sottovalutare in chiave futura!
In aggiunta a quanto detto, vale la pena sottolineare la grana grossa di "Tell Me, Mechanist", un brano che fino a qualche anno fa sarebbe stato proposto immerso nel miele e nella glassa più zuccherina e che adesso trova nelle sei corde di Timo Somers e nel growl di George Oosthoek (in prestito dagli Orphanage) dei graditi contributi di ruvidezza, e la buona ospitata di Alissa White-Gluz (dagli Arch Enemy) in "The Tragedy of the Commons".
Tanto per capirci, "The Human Contradiction" non può di certo ambire ad un posto tra i big del metal sinfonico- anche a causa dell'approssimazione con la quale cono stati affrontati certi temi!- ma rispetto a tutti gli altri lavori a firma Delain lo scarto qualitativo è netto. Insomma, quanto basta per sperare in futuro pieno di soddisfazioni! Voto:6
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