Mango – (2004)
Se provate ad infilarvi nel traffico dei sobborghi di Milano una qualsiasi mattina della settimana, con ogni probabilità noterete quanto le persone siano incazzate quando la giornata deve ancora iniziare! Per un estraneo alle vicende stradali del centro economico dell'Italia, si tratta di un'esperienza a dir poco traumatica, un'esperienza che richiede un immediato rimedio!
Cosa di meglio che farsi prendere per mano da un cantante che, bisbigliando con la sua tipica eleganza estetica “Ti porto in Africa”, offre una perfetta via di fuga da quel girone infernale?
E così sia!
Dentro il cd nel lettore e lasciamoci andare sulle note liete di “Francesco” e sulla squisita banalità della title track... Tanto ormai Mango non dovrebbe riservare sorprese: la sua creatura sonora, stabile negli anni e quasi un punto di riferimento per la musica leggera tricolore, si è ancorata alle tradizioni musicali mediterranee in tempi non sospetti e non sembra proprio questo il caso di sterzare in direzione di soluzioni distanti da quello che il cantautore lucano è stato e continua ad essere.
Se poi la title track dimostra in brevissimo tempo di possedere ottime potenzialità sia in quanto singolo a sé stante che come traino del disco, significa che siamo proprio a cavallo!
Voglio dire, una volta staccato il biglietto delle vendite da top ten con la title track ci si poteva anche sbizzarrire un po' nella scrittura, senza uscire dal seminato- ci mancherebbe!- ma almeno provando a fare un passo più in là rispetto alla canonica ballata sui sentimenti facili!
Invece niente: Mango si rintana comodamente nella canzone melodica più scontata e obsoleta, lasciando trasparire qualche cambiamento solo di tanto in tanto e non sempre con risultati da ricordare; basti pensare alla conclusiva “Saturday” (dei fratelli Dewaele) e a quegli ammiccamenti al mercato inglese che proprio non s'intonano con l'immagine che Mango dà di sé in tutto il resto del disco.
Spulciando tra le tracce, almeno un episodio in qualche modo convincente lo si può trovare nella interessante collaborazione tra il cantautore di Lagonegro e Lucio Dalla in “Forse che sì, forse che no”, ma anche in questo caso si tratta di un episodio isolato che, invece di risaltare per bellezza e raffinatezza, si ritrova a spezzare la continuità del full-length con un lampo di poetica a forte rischio di estraneità.
Insomma, se siete alla ricerca di un disco dai contenuti tosti o dalle musiche intriganti, rivolgetevi a tutti ma non a Mango!
Ma a noi, in fondo, questo non interessa; noi siamo bloccati ad un semaforo tra un camion rumeno e un S.U.V. meneghino e abbiamo solo bisogno di uno svago rilassante. Da questo punto di vista, “Ti porto in Africa” può essere veramente un toccasana!
Voto:6
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