2025-03-29

Architects of the Void

 


Behold! The Monolith – (2015)


Quando inizia a scandire le sue prime, lente, cadenzate note, “Architects of the Void” fa subito sentire l’essenza di cui sarà fatto il percorso che ci si accinge a percorrere una volta entrati dalla porta di “Umbral Vale”. O almeno questa è l’impressione.

La prima traccia del terzo album dei Behold! The Monolith sembra infatti mettere già le carte in tavola, proporre un gioco a carte scoperte e poi iniziare a portare via una mano alla volta le carte dal tavolo.

E’ la pesantezza della struttura unita alla malefica voce di Jordan Nalley a creare queste certezze. Poi, nel breve volgere di qualche minuto tutto viene rimesso in discussione. Una prima crepa si profila non appena entrano in gioco sentori sabbathiani in “Philosopher’s Blade” ma diventano vere e proprie fenditure nella consapevolezza dell’ascolto nella seconda metà del brano, quando cioè la band losangelina prima strizza l’occhio al death metal e poi fa crollare definitivamente ogni trucco con un arrembaggio thrash tanto antico quanto abrasivo.

La seguente “The Mithriditist” non fa altro che rinforzare questo stato di cose lasciando inalterata la propulsione dinamitarda della componente ritmica ad inizio brano e dando ai cantati il compito di aggiungere tensione al contesto per poi sciogliersi in uno pseudo-jazz laconico e birichino, fatto di arpeggi ed eco spinte oltre il limite della curiosità artistica.

Non siamo ancora a metà album eppure “Architects of the Void” ha già acceso il desiderio di andare a fondo al discorso, di impossessarsi della materia informe modellata dal gruppo californiano per capire dove andrà a sfogare la tensione e dove invece saprà levigare le asperità per portare un attimo di sollievo.

Ecco, qui si presenta il più grande problema- potremmo anche dire limite- del terzo album di inediti dei Behold! The Monolith: la mancanza di un punto. Intendo proprio testualmente!

Il disco continua imperterrito lungo la strada descritta poco sopra senza mai trovare modo di andare a capo, di chiudere il capitolo, di regalare una qualche sensazione che un elemento sia stato definito compiutamente e un altro possa iniziare a prendere forma. Da questo punto di vista penso che i momenti più significativi, nel bene e nel male, siano la lunga “Lord of Bones” e l’interminabile title track, posta in chiusura di full length.

La sensazione è un po’ quella che si prova quando si cerca il civico tale della via tal altra e si trova il precedente e si trova il successivo e sembra che proprio qualcosa non quadri. Poi, certo, a furia di cercare si sbircia nel vicolo tra i due estremi ed ecco che la soluzione non solo è a portata di mano ma ci si sente pure sciocchi a non averci pensato prima. Tradotto fuor di metafora: “Architects of the Void” apre una serie di parentesi ma poi se ne dimentica qualcuna aperta. Che è ancora una metafora, forse. Che devo farci, altro non mi veniva…

Comunque, che poi, in prospettiva, questo si traduca nella sensazione netta che ci sia ancora parecchio potenziale da sviluppare questo è certo e in qualche modo consolante. D’altra parte, però, è la caratteristica che impedisce al terzo lavoro sulla lunga distanza del gruppo losangelino di affermarsi come l’album risolutivo, il disco che inesorabilmente porta addosso il marchio Behold! The Monolith.

Detto altrimenti: bene il prototipo, aspettiamo la versione definitiva.

Voto:6

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