xRepentancex – (2015)
Per partire creepy come fanno gli inglesi Repentance- le “x” mi sa che sono solo di contorno- però in un’accezione molto classica, quasi citazionale, urlando di macelli e macellati e macellatori, o si è del tutto incoscienti o si sa esattamente dove si vuole andare a parare. Dopo le 8 tracce che compongono il debutto sulla lunga distanza della band britannica ancora sempre non mi è chiaro per quale delle due opzioni propendere.
Allora, che siano degli scapestrati piuttosto fuori di testa ma anche lucidi apologeti del loro credo lo si intuisce abbastanza velocemente: “Through Eyes Unclouded”, “Children of Cain” e forse ancora di più “Knowing”, velata com’è di articolazioni post-punk pur mantenendo spesso un portamento squisitamente metal, ci mettono poco o niente a chiarire che l’assalto all’arma urlata di “The Sickness of Eden” sarà un percorso ostico, pullulante di significati e piuttosto arduo da digerire se non dopo averlo masticato con parecchia tenacia.
Questo perché i 4 guidati dalla voce stracciata di John Olley ci mettono tutto quello che hanno per rendere ostico il loro contributo alla causa animalista e una critica sociale relativamente diretta e poco portata a compromessi di sorta: chitarre rombanti ma capaci di improvvise sterzate stilistiche, una batteria che sa come picchiare sia in quanto a forza bruta che in imprevedibilità, e cantati, come già detto, al limite del forfait per usura delle corde vocali.
I soli momenti in cui questo andirivieni stilistico al limite della crisi spastica interrompe l’assalto al sistema nervoso dell’ascoltatore sono rappresentati dagli sporadici spiegoni registrati, messi su basi regolari. Immagino si tratti di un escamotage pensato dal quartetto inglese per attirare un po’ l’attenzione sui testi, visto che a seguire i cantati è un attimino arduo discernere parola da parola, concetto da concetto.L’altra faccia della medaglia è data da un sound che un po’ urta direttamente contro l’ascolto e un po’ lo costringe a perdersi in labirintiche scelte strategiche, e da testi che a ben vedere non solo sono relativamente rari a queste latitudini ma portano al cospetto dell’ascoltatore una rappresentazione piuttosto cruda ma efficace del loro punto di vista.
Ora, con i pro e i contro che traspaiono da quanto scritto sopra, come valutare “The Sickness of Eden”? Ecco, una risposta chiara e diretta sinceramente non ce l’ho. Non posso negare di essere rimasto abbastanza affascinato da certe scelte sia a livello ritmico che di riffing, pur tenendo presente che l’evidente riferimento sonoro dei nostri è rappresentato dai Converge.
D’altra parte, per quanto l’album sia breve come da tradizione hardcore, fare tutto questo percorso in apnea, che di ossigeno da ste parti ce n’è gran poco, non è che sia l’esperienza più intrigante e gradevole che mi venga in mente.Se ci mettiamo vicino una certa mia ritrosia ad apprezzare le urla e la sensazione che il disco in sé non sia esattamente la configurazione definitiva di John Olley e compagni quanto piuttosto il tentativo di stabilire i margini entro i quali crearla… ecco, mettendo insieme tutto questo qualche perplessità mi sembra il minimo.
Peccato non poter approfondire la questione visto che “The Sikness of Eden” è l’unico full-length a nome Repentance di cui sia pervenuta traccia. La strada tracciata sembrava quella giusta, non averla percorsa sa un po’ di spreco.
Voto:6
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