2025-04-25

Towards the Realm of Nothingness

 


Aethyr – (2015)


Che la prima parte del nuovo millennio fosse un terreno di caccia piuttosto evidente per le frangie più folk, etniche potremmo dire, del metal era penso chiaro a tutti. Che questa “moda” riuscisse a spingersi sino alla penisola iberica, trovando cittadinanza anche a Valencia, ecco, magari questo era troppo anche per la più fervida immaginazione. Invece ecco comparire gli spagnoli Aethyr con il loro primo- e ultimo- lavoro sulla lunga distanza: “Towards the Realm of Nothingness”.

Facciamo che lascio da parte tutte le mie personali perplessità riguardo a scelta stilistica del songwriting. Immagino sappiate che soffro di una certa intolleranza nei riguardi dei progetti che vorrebbero apparire genuini ma in realtà si rifanno a culture e fenomeni tutt’altro che autoctoni. A parte questo dettaglio, dicevamo, questo debutto discografico degli Aethyr ha un suo perché dal punto di vista della narrativa e del colpo d’occhio per melodie ed armonie.

Tolta la stucchevole introduzione, “Awaken the Northstar” è quanto basta per capire che nel manico della band valenciana c’è abbastanza polso per gestire del discreto death metal di derivazione nordica.

C’è solo un dettaglio che sin da subito si insinua nell’attenzione per le dinamiche sonore: la componente ritmica ha capito le regole del gioco? Perchè a giudicare dalle smartellate illogiche con cui prova a guidare le musiche non si direbbe. E non stiamo neanche a guardare troppo l’estetica: penso che sia piuttosto evidente che la produzione a sua volta ci abbia capito il giusto. Quello che intendo è proprio concettualmente: che senso ha picchiare di maledetto quando tutto intorno l’atmosfera profuma di eroi lanciati in battaglia e spifferi di magia in salsa norrena? A volte sembra addirittura che le ritmiche sfasino del tutto tra pelli e resto della band, per un risultato finale che appiccica in fronte all’ascoltatore parecchi punti di domanda.

Altra componente non proprio entusiasmante è quella data dai cantati: una voce femminile messa a ‘mo di comparsa qua e là avrebbe dato di sicuro maggior carico all’epica del gruppo spagnolo.

Detto ciò, va anche sottolineato il discreto lavoro fatto dalle tastiere e la magniloquenza di alcune soluzioni tematiche, al limite del meraviglioso in episodi come “Lullaby for a Mourning Moon”. Ah, sì, eccezion fatta per svarioni dall’inconfondibile gusto power e qualche trovata non proprio originale, anche le chitarre sembrano aver trovato equilibri per lo meno decenti quasi in tutte le tracce proposte dagli Aethyr in questo primo album di inediti. Questo è quanto.

Inutile chiedersi come mai la band iberica non sia sopravvissuta al proprio debutto: dopo quanto scritto la risposta viene da sé. E per una volta forse è meglio così, perché i presupposti per evolvere un concetto musicale evidentemente lontano dalle corde del sestetto valenciano erano tutto tranne che incoraggianti.

Voto:4

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