2025-05-01

Astra Symmetry

 


Monkey3 – (2016)


Svizzeri, ben piantati in territori progressivi con derive lisergiche e spaziali, i Monkey3 non sono di certo una scoperta dell’ultim’ora per chi bazzichi i territori cari alla sperimentazione strumentale. Del resto parliamo di una band che in qualche modo ha sempre fatto un po’ fatica ad astrarsi dalla realtà territoriale, potremmo addirittura dire provinciale.

Come mai? Boh? Poco appeal? Sfotuna? Facciamo così, sentiamo cosa propone la band elvetica nel suo settimo lavoro sulla lunga distanza e poi tiriamo le somme con cognizione di causa. Non so quale causa, ma una buona la troveremo.

“Astra Symmetry” parte decisamente psicotropa con i richiami indianeggianti di “Abyss” e quel suo incedere caracollante e pieno zeppo di rimandi ascetici. Si tratta di sette minuti lunghissimi, dilatati, in cui non è poi così difficile perdersi. D’altra parte si tratta anche di sette minuti piuttosto interlocutori, che poco dicono su quale sia la direzione che il full length vuole intraprendere. Vabbè, si tratta comunque solo della prima traccia, per cui poco male.

Veniamo a “Moon”: flebili eco di Massive Attack a dipingere lo sfondo, un sitar relativamente molesto a distrarre dallo stesso e tempi rallentati a dare un tocco di ineluttabilità al tutto. Diciamo che anche qua, se uno volesse delle risposte, sarebbe davvero difficile trovarne. Non mi si fraintenda: il trasporto è tenace e violento ed è davvero difficile astrarsi dalle musiche tanto quanto è decisamente semplice farsi prendere dal cammino etereo della maggior parte delle strutture sonore. Il punto interrogativo, fino a qua, riguarda solo la tendenza delle elaborazioni sonore ad aprire molte parentesi senza mai chiuderne una.

“Endless Ocean” e “The Water Bearer” non fanno altro che confermare questa sensazione di dispersione emotiva, di traguardo multiplo messo a conclusione di una gara mai iniziata. A questo punto l’avventura diventa via via sempre più una caccia alle similitudini. Non perché ci sia qualcosa di losco da trovare a tutti i costi ma proprio per sfuggire all’ambivalenza di un sound che porta dovunque e da nessuna parte.

Ecco quindi che saltano fuori ombreggiamenti deeppurpleiani in “Dead Planet’s Eyes”, i tempi dilatati e scanditi di “Teardrops” in “Seeds” e molte altre suggestioni, qualcuna guidata dalla fantasia, qualcun’altra dalla memoria ma in ogni caso pur sempre richiami abbastanza semplici da collocare stilisticamente e storicamente.

Quando il disco finisce, trasportato verso la sua conclusione in maniera vagamente claudicante da “Realms of Lights” è davvero difficile decidersi sulla qualità dell’esperienza musicale appena vissuta. Estasi suprema dovuta ad un girovagare senza meta ma con una miriade di visioni mistiche oppure vagabondaggio senza una meta precisa frutto di molte idee in qualche difficoltà a convivere l’una con l’altra?

Se lo chiedete a me, posso dirvi senza alcun dubbio che “Astra Symmetry” è un lavoro gradevole, tendente all’onirico e ricco di sfaccettature tutt’altro che immediate. Se invece lo chiedete all’altro me, quello critico e pignolo, non posso far altro che dare una risposta al quesito di inizio post, cioè come mai i Monkey3 sono sempre rimasti nell’ombra della discografia mondiale: sono lunghi, inconcludenti e dispersivi.

Ora, probabilmente il vero valore di “Astra Symmetry” sta nel mezzo tra queste due visioni antitetiche. Però, detto tra noi: che fatica!

Voto:6

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