2012-11-09

Senza ali

recensione di senza ali di giorgia

Giorgia - (2001)



Quando uscì il primo singolo, "Di sole e d'azzurro", secondo a Sanremo nel 2001 dietro a "Luce (tramonti a nordest)" di Elisa, nella mia testa Giorgia era già diventata il nuovo simbolo della musica melodica italiana. Scritta da Zucchero, Matteo Saggese e Mino Vergnaghi e ottimamente interpretata dalla cantante romana, perfettamente prodotta ed arrangiata, la traccia che funge da traino al quinto album di Giorgia è la realizzazione di un sogno, rappresenta la sublimazione di tutto quello che ci si aspettava dopo un poker di lavori dall'andamento altalenante.
Purtroppo non si può dire lo stesso del resto della track list. Che gode di un altro brano superlativo (la conclusiva "Il mare sconosciuto", scritta con Michael Baker, Ricky Peterson e Peter Anderson) e scampoli di decenza sparsi un po' a casaccio come la leggera "Prima di domani", firmata da Alex Baroni e l'altra composizione del trio Zucchero-Saggese-Vergnaghi, "Ho bisogno di un sogno".
Tutto il resto naufraga piuttosto miseramente un po' per velleità houstiane- nel senso di Whitney Houston- direttamente derivate dalla produzione di Michael Baker, già collaboratore della cantante americana, e molto per l'ondivaga ricerca stilistica di Giorgia, mai troppo a proprio agio appena si esce dal melodico spicciolo. A questo va, per altro, aggiunto un piccolo scippo nei confronti di Mariah Carey ("Canzone degli innamorati").
Non basta mettere in curriculum una partecipazione all'Umbria Jazz festival (con Herbie Hancock, ospite anche in questo album) e un duetto con Ray Charles per garantire ad un disco una qualità di base. Come non basta andare a registrare a Los Angeles oppure farsi scrivere una canzone da Aisha Ahmad ("Save the World", non proprio una traccia indimenticabile!), ulteriore dimostrazione dell'inadeguatezza della voce di Giorgia alla realtà rhythm n'blues di estrazione blidgeiana.
Se il risultato non riesce a meritarsi l'attenzione dell'ascoltatore se non per brevi scampoli non c'è molto da fare se non reputare il disco un ennesimo (mezzo) fallimento. Chiaramente stra-premiato da critica e pubblico, con esagerati piazzamenti nelle classifiche di vendite e tre dischi di platino.
Giorgia si conferma un'ottima interprete, incapace di mettere insieme un campionario sonoro decente, inabile nel costruire una track list che abbia un minimo di senso e qualità, una manciata di canzoni per la quale valga la pena spendere parole d'elogio. Con questo quinto album, la cantante capitolina dimostra ancora una volta di essere una cantautrice a metà. Voto:5,5

P.S.: non serve neanche aspettare i fatidici dieci anni per la prima raccolta! "Greatest Hits (le cose non vanno mai come credi)" del 2002 sublima le voglie degli amanti dei singoli e stipa tutto il materiale decente di cinque album in un paio d'ore tutto sommato gradevoli. Due gli inediti ("Vivi davvero" e "Marzo", dedicata ad Alex Baroni): quanto basta per tornare in classifica.

Su Graffiti Musicali, di Giorgia potete trovare anche:
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4 commenti:

  1. Di che genere si può classificare la quinta traccia, "Un posto migliore"? Trip hop...?

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    1. A me sembra molto più vicino ad un semplice electro-pop. Piuttosto minimale a dire il vero...

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  2. Okay. Credo che tu abbia capito che Giorgia rientra nella fetta di cantanti che mi interessano!

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