PS I Love You - (2014)
Rumore... Noi viviamo nel rumore!
Qualsiasi cosa facciamo, dovunque andiamo, il rumore ci accompagna!
Nel traffico cittadino, a casa, al lavoro, addirittura nei posti all'apparenza più rilassanti e pacifici, qualche rumore galleggia sornione in sottofondo.
"Anche le ore libere riempiamo di rumore; è una droga; non se ne può fare a meno" diceva tanti anni fa una voce ne "La morte dei miracoli" di Frankie Hi-NRG. Bisogna prenderne atto, ovviamente; e il modo migliore per farlo potrebbe essere quello di immettere ulteriore rumore nel sistema, in ogni anfratto che illusoriamente possa sentirsi al riparo da questo mostro sonoro, così da congestionare l'ambiente e sperare che un tutto si trasformi in un qualcosa!
Anche in musica, perchè no?
Lo spirito del movimento noise parte proprio da queste considerazioni, dalla necessità di invadere con il rumore gli ambienti che pensavamo essere immuni dalla più ingorda mania acustica.
Fanno così anche i PS I Love You, coppia canadese giunta alla terza pubblicazione sulla lunga distanza.
Che va e che viene, che si permette insolenti manie di protagonismo ed improvvise assenze ingiustificate, che scava nel torbidume di muri invalicabili e poi permette all'ascolto di affrontarlo quasi ad armi pari.
E' proprio a questo riguardo che la valutazione di un album come "For Those Who Stay" diventa oltremodo difficile!
Esteticamente parlando, il terzo lavoro sulla lunga distanza della coppia canadese è tutto tranne che qualcosa di piacevole. I brusii usati per irruvidire il suono, la scelta di textures avventurose per ingabbiare mode antiche (la title track, ad esempio), l'uso smodato di distorsori atti a separare i brani dalla loro natura intrinseca: sono tutte caratteristiche che ad un orecchio sano non possono far altro che male!
Eppure c'è qualcosa di affascinante nella proposta sonora dei PS I Love You!
La fatica nel distinguere se sia più interessante la voglia di scavare nel passato della coppia di Kingston oppure l'imperterrita tendenza a dissacrare questi desideri di conoscenza diventa quindi il più grande limite del disco e, contemporaneamente, l'unico motivo valido per affrontarlo una seconda volta.
Insomma, l'impressione è che Paul Saulnier e Benjamin Nelson siano stati più furbi che bravi; ma, in fin dei conti, è il risultato quello che conta! E "For Those Who Stay", volenti o nolenti, smuove l'interesse.
Voto:6
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