2025-03-14

When People Grow, People Go

 


Blacklisted – (2015)


Toh, un album hardcore. Era un po’ che non capitava! E per giunta neanche proprio un album qualsiasi. O meglio, non una band qualsiasi ma addirittura un emblema dell’ortodossia hardcore a stelle strisce come i Blacklisted!

Ovviamente se come ortodossia si intende quel passaggio alla fase adulta che il genere ha affrontato nel primo ventennio del nuovo millennio. Ossia basta con bicipiti piazzati in bella mostra e un sound tutto proteine e via con un qualcosa di più cerebrale e ragionato. Per quanto possibile visti i parametri del genere, ovviamente.

Comunque, veniamo a noi e al quarto lavoro sulla lunga- vabbè, lunga… siamo in ambito hardcore, oltre i venti minuti si può già parlare di maratona!- distanza della band guidata da George Hirsch. Che tra l’altro segue la release precedente con 6 anni di distanza: mica poco!

A giudicare dal risultato, 6 anni spessi bene, a ragionare sulla qualità espressiva della band e pensare con notevole perizia a come impostare un album che, come vedremo, manca di un soffio il titolo di nuovo punto di riferimento per l’hardcore attuale.

Che poi mica ci vuole tanto per entrare in temperatura: “Insularized” manda già in ambito post il sound per poi castigarlo con una violentissima presa di coscienza, e la seguente “Turn the Pike” ci mette subito il carico di rimando con un urto da KO immediato, potendo peraltro contare su un background sonoro nel ponte che sembra più una tortura sega ossa in chiave post moderna che un prodotto musicale. Insomma, come partenza, l’uno-due piazzato dalla band di Philadelphia ad inizio full length è di quelli che fanno male.

Poi le cose si regolarizzano un attimo, dando sfogo ad una maggiore resilienza sonora e a variazioni di rara intelligenza. “Riptide”, “Gossamer”, “Burnt Palms” sono tutti esempi di una maturità compositiva tutt’altro che banale. Sempre intervallati da schianti ruvidi e rocciosi come “Deeper Kind” ma comunque capaci di mettere in primo piano la necessità dei Blacklisted di aumentare la dose di consapevolezza del sound, portando le musiche ad un’espansione creativa se non sempre bella di sicuro interessante.

Non stiamo parlando di un lavoro sperimentale, sia chiaro. Piuttosto di un album in cui si cerca di immettere discrete dosi di fantasia in un contesto relativamente monolitico. Come? Con una serie di testi che assomigliano quasi ad una seduta psicanalitica, con rimandi post-varie cose che spezzano il fiato e rovesciano il procedere del normale circolo sonoro, con un modo di interpretare l’assalto puro e duro che a tratti sembra quasi più un lavoro ai fianchi che un diretto in faccia.

Che poi di sani ceffoni ne arrivino comunque lo potete dare per scontato. Tutto il resto no. Ed è proprio questo a fare di “When People Grow, People Go” un album non dico fondamentale ma assolutamente da ascoltare e vivere. Non per apprezzarlo ma per capire. Che di questi tempi, in ambito hardcore sembra la cosa più importante.

Voto:6,5

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