Luisa Maita – (2016)
Permettetemi un paio di spiegoni prima di addentrarci in quanto proposto da Luisa Maita nel suo secondo album di inediti.
Primo: ultimamente sto cercando di addentrarmi in realtà musicali alle quali sono- ma posso anche dire siamo, giusto?- relativamente poco avvezzi. Ad esempio la musica di origine brasiliana. Da poco ho scritto di Ceu e del suo “Tropix”, ora è il turno di Luisa Maita, figlia d’arte- Amado Maita dalle parti di Sao Paulo è poco meno di una divinità- e di un disco che non ho lacuna remora ad inserire tra le più belle pubblicazioni dell’annata in corso.
Ora, il punto qual è? Non sono particolarmente preparato sulla musica sudamericana. Neanche su tutto il resto. Però in particolare il Sud America è stato sempre particolarmente ostico alle mie orecchie. Quindi, dovessi scrivere strafalcioni, come e più che mai vi prego di scrivermi correzioni e puntualizzazioni nei commenti. Possibilmente argomentando. Grazie.
L’altro disclaimer riguardava le nobili discendenze della cantautrice paulista, dato già spoilerato poco sopra. In ogni caso, io sono dell’idea che se da una parte essere figli d’arte apra viatici agevolati nell’industria musicale, dall’altra cela inevitabilmente un confronto non sempre semplice da gestire. Basta, solo questo.
Ora entriamo in “Fio da Memoria”. Anzi permettiamo a “Fio da Memoria” di entrare dentro di noi. E sconvolgerci!L’utilizzo intelligente e sfrontato che Luisa Maita fa delle ritmiche di samba per poi incasellarci sopra temi che spaziano dalla tradizione bossanoviana fino al pop sintetico e al trip-hop è qualcosa per me di allucinante. Nel senso che provoca vere e proprie allucinazioni!
Che si tratti di passione bruciante su partiture autentiche e campanacci birichini come nel caso di “Olè” piuttosto che di un’elettronica sfumatamente lisergica come nella title track poco cambia: in ogni singola traccia di “Fio d Memoria” l’aspetto lussurioso delle musiche e dei cantati vince qualsiasi possibile resistenza, trasbordando ardore e creatività senza soluzione di continuità.
Di più: le tendenze afro di “Porao”, pronte ad aggiungere brio ritmico ad una samba calda come la sabbia in spiaggia a mezzogiorno, la dolcezza minimale e sfuggente di “Musica Popular”, l’anima jazz di “Ela” e quella più aggressiva ma pur sempre con i piedi ben piantati in terra brasiliana di “Sutil”… non c’è davvero un unico momento nel secondo album di inediti firmato da Luisa Maita in cui una marea di suggestioni e fantasie variegate al samba non facciano capolino ad esaltare il gusto per l’ascolto.
Perchè al di là di tutto bisogna sottolineare una cosa: “Fio da Memoria” è prima di tutto un album davvero bello. Intendo proprio esteticamente. E qua il merito della cantautrice sudamericana è ulteriore vista l’abilità che mette in mostra nel saper dosare i cantati in maniera volubile e un po’ dispettosa, apparentemente frivola, a volte ingenua ma in realtà profondamente conscia del proprio fascino e della capacità di renderlo un’arma dalla quale è impossibile difendersi. Per informazioni rivolgersi a “Jump”, track di chiusura del full length.E’ in questo modo che la tradizione può diventare carburante per nuove e più evolute realtà artistiche. E’ con album come “Fio da Memoria” che è possibile pensare che la Storia non sia finita ma funga da solido sostegno per il divenire. Complimenti!
Voto:8
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