2012-05-13

Black Moon

recensione di black moon degli emerson lake and palmer

Emerson Lake & Palmer - (1992)



Dopo qualche accenno di ritrovo della line-up originale, prima con un esperimento con Cozy Powell nel ruolo di Palmer ("Emerson, Lake & Powell", 1986) e poi con Robert Berry nelle vesti di Greg Lake ("The Power of Three", 1988), la reunion definitiva vede la luce agli inizi degli anni '90 e porta alla pubblicazione di "Black Moon".
Gli ELP sembrano più o meno quelli di una volta, trasportati in una realtà che non conoscono e che faticano a maneggiare, persi nel marasma delle nuove influenze che gli anni '80 hanno portato. L'iniziale title track rende bene l'idea del valore qualitativo del disco: un pop reso solido dalla corposa batteria di Palmer non trova appigli nelle sordide gerarchie strumentali che pongono un Keith Emerson inadatto al ruolo a contatto con un Greg Lake all'apparenza svogliato.
Le tastiere sembrano macchinose, così come le chitarre slavate di "Paper Blood", la vena leggera e insignificante di "Farwell to Arms" e l'elettronica esagerata, torbida e profondamente kitsch di "Better Days": il tutto per un disco che poteva tranquillamente rimanere nel cassetto dei desideri.
Probabilmente questo lavoro avrebbe dato più soddisfazioni ad immaginarselo che ad ascoltarlo. Anche i momenti più interessanti come la ballata lakeiana "Affairs of the Heart" (magari con testi un po' più curati...), la roboante "Changing States", unico episodio in cui si può risentire qualcosa che assomigli vagamente ad un pop progressivo, e la melanconica "Footprints in the Snow" fanno fatica a convincere del tutto, pagando dazio ad una struttura generale del disco che sa di stanco, di grigio, di svogliato.
In qualche modo sembra di essere tornati agli anni settanta, ma solo perchè anche in questo album è evidente la netta separazione tra le tracce a firma Lake e quelle di Emerson, nell'indissolubile binomio che ha sempre spezzato il ritmo dei dischi degli ELP: Per il resto si sente eccome che sono passati più di vent'anni dal periodo d'oro del trio britannico. E un lavoro di questo tipo, che ha esaurito qualsiasi spirito di ricerca sonora e piacere estetico nelle composizioni, non può che suonare obsoleto e fuori fuoco. Insomma un brutto disco! Voto:4

Su Graffiti Musicali degli ELP potete trovare anche:
e molto altro ancora, digitando Emerson Lake and Palmer nella casella di ricerca del blog.

2 commenti:

  1. Secondo me questo disco invece è un ottima sintesi tra le richeste musicali degli anni '90 e la genialità degli ELP. Più semplici le percussioni di Palmer, molto belli i suoni di emerson, soprattutto ottima la scelta di non abbandonare il suo classico hammond che con accordi e piccoli riff rende il sound molto più ELP. La voce di Lake è di certo cambiata, la sua "nuova" voce è corposa e calda, insomma mi piace, credo che non abbia nulla da rimpiangere della sua vecchia voce se non che un tempo fosse un timbro classico del prog e che ora sembri un altro cantante. Il suo modo di cantare tuttavia è inconfondibile.
    In generale le canzoni hanno tutte più o meno uno schema "intro semplice con pochi accordi", poi si " specializzano" con nuove successioni di accordi molto belle. Insomma credo che sia una perfetta sintesi tra ELP e richeste anni '90. Un bell'album, voto 8

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il tuo commento conferma quanto ho sempre pensato di ogni singolo album degli ELP: o piace o non piace. Le vie di mezzo non sono contemplate. Mi fa peraltro piacere scoprire che più di qualcuno è riuscito a non dimenticare un trio storico del rock progressivo! Grazie per il commento!

      Elimina