Emerson Lake & Palmer - (1992)
Dopo qualche accenno di ritrovo della line-up originale, prima con un esperimento con Cozy Powell nel ruolo di Palmer ("Emerson, Lake & Powell", 1986) e poi con Robert Berry nelle vesti di Greg Lake ("The Power of Three", 1988), la reunion definitiva vede la luce agli inizi degli anni '90 e porta alla pubblicazione di "Black Moon".
Gli ELP sembrano più o meno quelli di una volta, trasportati in una realtà che non conoscono e che faticano a maneggiare, persi nel marasma delle nuove influenze che gli anni '80 hanno portato. L'iniziale title track rende bene l'idea del valore qualitativo del disco: un pop reso solido dalla corposa batteria di Palmer non trova appigli nelle sordide gerarchie strumentali che pongono un Keith Emerson inadatto al ruolo a contatto con un Greg Lake all'apparenza svogliato.
Le tastiere sembrano macchinose, così come le chitarre slavate di "Paper Blood", la vena leggera e insignificante di "Farwell to Arms" e l'elettronica esagerata, torbida e profondamente kitsch di "Better Days": il tutto per un disco che poteva tranquillamente rimanere nel cassetto dei desideri.
In qualche modo sembra di essere tornati agli anni settanta, ma solo perchè anche in questo album è evidente la netta separazione tra le tracce a firma Lake e quelle di Emerson, nell'indissolubile binomio che ha sempre spezzato il ritmo dei dischi degli ELP: Per il resto si sente eccome che sono passati più di vent'anni dal periodo d'oro del trio britannico. E un lavoro di questo tipo, che ha esaurito qualsiasi spirito di ricerca sonora e piacere estetico nelle composizioni, non può che suonare obsoleto e fuori fuoco. Insomma un brutto disco! Voto:4
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Secondo me questo disco invece è un ottima sintesi tra le richeste musicali degli anni '90 e la genialità degli ELP. Più semplici le percussioni di Palmer, molto belli i suoni di emerson, soprattutto ottima la scelta di non abbandonare il suo classico hammond che con accordi e piccoli riff rende il sound molto più ELP. La voce di Lake è di certo cambiata, la sua "nuova" voce è corposa e calda, insomma mi piace, credo che non abbia nulla da rimpiangere della sua vecchia voce se non che un tempo fosse un timbro classico del prog e che ora sembri un altro cantante. Il suo modo di cantare tuttavia è inconfondibile.
RispondiEliminaIn generale le canzoni hanno tutte più o meno uno schema "intro semplice con pochi accordi", poi si " specializzano" con nuove successioni di accordi molto belle. Insomma credo che sia una perfetta sintesi tra ELP e richeste anni '90. Un bell'album, voto 8
Il tuo commento conferma quanto ho sempre pensato di ogni singolo album degli ELP: o piace o non piace. Le vie di mezzo non sono contemplate. Mi fa peraltro piacere scoprire che più di qualcuno è riuscito a non dimenticare un trio storico del rock progressivo! Grazie per il commento!
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