2012-05-01

Consign to Oblivion

recensione di consign to oblivion degli epica

Epica - (2005)



Che la strada intrapresa fosse quella giusta è parso evidente dal disco di debutto. Che poi bisognasse riproporre lo stesso sound una seconda volta, magari può sembrare una speculazione.
Di fatto "Consign to Oblivion" è il gemello perfetto di "The Phantom Agony": stesso sviluppo, stessa musicalità, stessa espressività! Eppure le canzoni riescono a prendere, ad accavallarsi al pensiero e tradurre le sensazioni in stimoli appaganti e goduriosi. Manca una hit d'entrata, un pezzo che si accollasse in ruolo che nel precedente lavoro era stato di "Sensorium", ma è l'unico dettaglio, assieme ad un velo di prevedibilità, che rende questo secondo episodio della discografia del gruppo olandese un gradino sotto l'esordio.
Simone Simons è superlativa come sempre, le composizioni sembrano riuscite come e più rispetto ad un paio di anni prima e anche la componente ritmica sembra migliorata. Insomma, se si vuole si può anche parlare di un lavoro ridondante e ripetitivo, ma non si può che ammettere che si tratta di un altro disco bellissimo.
La tipica intro magnetica e dal forte pathos introduce il primo brano, "Dance of Fate", forse uno dei momenti meno convincenti del album. Poi da "The Last Crusade" e dal suo gusto fatalista, da crociata intrisa di misticismo pagano, fino alla lunga e terribile (in senso buono!) title track, la goduria non conosce limiti: ci sono i cori maestosi e stordenti di "Blank Infinity", la forza devastante della portanza epica di "Force of the Shore", l'eleganza folk di "Quietus" e quella più barocca e sfarzosa di "Trois Vierges".
E poi c'è la title track, dieci minuti di assoluto piacere acustico! La mini suite che dà il titolo al disco si evolve attraverso un introduzione cupa ed irrisolta e sfonda subito in una doppia cassa ad elicottero che fa strabuzzare gli occhi ed un riffing superlativo; poi si passa al tema e sembra di avere un po' un deja-vu, ma è un attimo, il tempo di assuefarsi al sound che picchia diretto nei timpani e calarsi nella realtà inquietante e fascinosa del brano e si viene rapiti per dieci minuti di trip insondabile.
La band di Marc Jansen sembra aver pescato dal cilindro un modus operandi convincente sin dagli inizi di una carriera si spera lunga e ricca di ulteriori meravigliose creature sonore! Voto:7

P.S.: la prova dell'origine orchestrale delle canzoni degli Epica arriva da una colonna sonora di un film mai realizzato, che va sotto il titolo di "The Score - An Epic Journey", pubblicata nel 2005. E' un disco pretenzioso e sinceramente noioso, ma ha una sua importanza per capire come nascono le vicende in note del gruppo olandese.

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