2012-05-19

Oggetti smarriti

recensione di oggetti smarriti di enrico ruggeri

Enrico Ruggeri - (1994)



Dopo i grandi successi commerciali e le baraonde di fans estemporanei, Ruggeri decide che è ora di tornare ad un album più intimo e personale. La sola iniziale "Piccole persone", con il suo andazzo rockeggiante, si ricollega agli ultimi sprazzi di vivacità dell'opera del cantautore milanese. Il resto del campionario fonde docili storie di vita quotidiana ed imperversi drammi di carattere amoroso, timidi assalti di carattere socio-politico e ambigue rivelazioni egocentriche.
E' un bel Ruggeri quello che si mette a nudo in "Non piango più", leggero e volatile come forse non lo è mai stato e, al contempo elegante e finalmente contornato da un'aura di sincerità che dona al brano un carattere inedito ed affascinante. Alla stessa maniera colpiscono canzoni intense e gravi come "L'orizzonte (di una donna sola)" e "Senza terra", due mondi completamente differenti che si avvicinano solo negli ottimi testi del cantante lombardo, complici esclusivamente nella misura in cui esprimono due stati di sofferenza contemporanei ed antitetici.
Molto meno entusiasmanti appaiono i momenti distintamente riconducibili ad influenze foreste come "Speranze" suggestionata tanto da De Gregori quanto da Guccini, oppure "Non è una canzone d'amore", che ricalca in pieno le mode acustiche di metà anni '90. Alla stessa maniera fanno fatica ad esprimersi quei brani nei quali torna a far capolino la vena confusionaria nell'esprimersi tipica degli ultimi lavori in studio, come ad esempio "Paranormale" e "La vita davanti".
Non siamo all'inconcludente evanescenza di "Peter Pan", ma di certo una certa pesantezza all'ascolto queste canzoni la comportano. Ciò nonostante questo album riesce ad esprimersi quasi in tutte le sue componenti, risultando abbastanza piacevole ed interessante, specchio del Ruggeri maturo che deve ancora far vedere di che pasta è fatto.
Intanto, il fatto di essersi affidato al suo alter ego più poetico giova non solo alla qualità di metriche e testi (finalmente liberi dalle forzate rime geometriche del passato!), ma anche all'espressività nella sua accezione più generale, confortando un ascoltatore che iniziava ad abbandonare ogni speranza. Voto:6

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