2012-11-12

Burst Apart

recensione di burst apart degli antlers

Antlers - (2011)



Mettere su una band con tutte le componenti al loro posto significa anche tirare dentro un progetto nuove teste pensanti, idee alternative. Il che può essere positivo, laddove il contributo doni nuova linfa al progetto, ma rischia di diventare un limite se le idee già ci sono.
Quello che succede agli Antlers è più o meno questo: Silberman, artefice solitario dello stupendo "Hospice", deve cedere qualcosa agli altri membri del gruppo, soprattutto per quanto riguarda le scelte musicali- il songwriting rimane territorio di caccia esclusivo del cantautore newyorkese- corrompendo così quella ricerca che aveva trovato una prima apoteosi nel disco di due anni prima.
Ci ritroviamo così con canzoni più consuete, nevrotiche sì, ma decisamente lontane dalla psicosi sofferente del lavoro precedente. Si possono immediatamente cogliere le differenze tra i due approcci nell'ostinata crescita dell'iniziale "I Don't Want Love" e nell'ambiguità pop di "French Exit".
Poi, fino alla conclusiva deragliante sublimazione electro di "Putting the Dog to Sleep", l'altalena di momenti più oscuri ("Parentheses") e ovvietà trip-hop e french touch ("No Windows", sostenuta da un giro di tastiere che richiama "Enola Gay" degli Orchestral Manovreurs in the Dark, e "Rolled Together") fanno scadere velocemente la simbiosi creatasi tra autore ed ascolto verso una più banale ed innocua partecipazione parziale di quest'ultimo alle sperimentazioni del gruppo americano.
Vengono ripercorse tracce già sperimentate ("Hounds") ed ampliate le atmosfere in direzione di un recupero degli anni '80 ("Every Night My Teeth Are Falling Out"), ma il tutto inizia a scadere verso un già sentito non proprio elegante.
Per quanto possa essere apprezzabile la sperimentazione- particolarmente presente nella prima metà del disco- nel caso di "Burst Apart" sembra che per ogni passo avanti se ne siano fatti due indietro, riportando il rapporto con l'ascolto ai tempi di "In the Attic of the Universe", ma senza quella permeante eleganza e l'affascinante misticismo di cui il secondo album di Silberman era intriso.
Parlare di un flop è probabilmente eccessivo; certo è che rispetto a "Hospice" il calo d'ispirazione è netto, frutto come si diceva della necessità di trovare nuovi equilibri all'interno del gruppo. "Burst Apart" ha il netto sapore di "in corso d'opera", di un lavoro che bisogna valutare come scorcio di quello che sarà, senza tener troppo conto di quello che è stato. Fosse facile... Voto:6

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