Cat Power - (2006)
Ed ecco che la brava Charlyn Marshall si genuflette al mercato e si vende al miglior offerente. Era nell'aria un certo sentore di cambio di direzione, una ricerca del compiacimento mediatico, da parte della cantante di Atlanta. Detto, fatto!
Cat Power, tutto quello che questo nome ha significato negli anni, scompare miseramente davanti ad una squallida esigenza merceologica, rimaneggiando una capacità più unica che rara di emozionare a favore di una serpentina di sensazioni variabili, che difficilmente riesce a farsi godere del tutto.
Dalle orchestrazioni dell'iniziale title track (peraltro brano discreto!) alla ballata "Living Proof", con ampie venature amosiane, dalla triste ed autunnale "Lived in Bars" fino al blues macilento di "Could We", è tutto un susseguirsi di banalità e temi conosciuti. A momenti spunta fuori del country fatto benino ("Empty Shell"), in altri si palesa all'ascoltatore un vero e proprio prolasso blues ("After It All") per un contenitore di troppe boutade estemporanee per poter anche aspettarsi di piacere.
Forse l'ambiente di Memphis, dove è stato registrato il disco, oppure la presenza di mestieranti del rock n'blues come Lenny "Flick" Hodges e Steve Potts sono bastati a Charlyn Marshall per perdere completamente la bussola. Ma l'idea che sorge spontanea è che anche la cantante statunitense, come molti altri prima di lei, abbia cercato di sposare il suo stile con i canoni della musica che vende, riuscendo a dir il vero ad annacquare la sua voglia e la poetica dei brani, per acquisire molto poco dal punto di vista dell'ascolto.
"The Greatest" è un album carino che delude moltissimo, è uno di quei casi nei quali conta sì cosa si propone, ma conta soprattutto chi lo propone. Insomma, Cat Power non è una autrice alle prime armi, non è una ragazzina sperduta in mezzo all'ambiente discografico, ma una scafata interprete delle musiche a cavallo tra i due secoli!
C'è a chi questo album potrà piacere come e più dei precedenti, ma coloro i quali sono riusciti a cogliere la bellezza provocatoria dei primi album e l'eleganza degli ultimi, non potranno non convenire che questo "The Greatest" sia un disco noioso, tremendamente tedioso e in qualche modo obsoleto. A questo punto Charlyn Marshall diventa imprevedibile, non decodificabile: sarà il disco del 2012, "Sun", a farci capire se questa tendenza alla leggerezza ed alla canzoncina possa essere una scelta definitiva o solo un errore di passaggio. Incrociamo le dita... Voto.6
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