Glassjaw - (2002)
Ecco un ottimo esempio della differenza tra un album con canzoni valide e uno senza! Ossia la discrepanza che può avverarsi nel giro di pochi anni tra un gruppo capace di imporre uno stile e uno che, nella vana ricerca di consenso, lo disfa completamente!
L'impostazione del gruppo di Daryl Palumbo è la stessa dell'esordio, le musiche grosso modo anche, e pure la qualità di scrittura non varia più di tanto. Eppure il primo album è stato un'esperienza ottima, questo secondo è una ciofeca!
Vabbè, non è proprio così disastroso, ma è evidente che qualcosa negli equilibri della band si sia rotto. I salti concettuali tra le azzannate nu-metal ed i brani melodici non sono più quel gioco pericoloso ed eccitante del primo disco; qui diventano un bruciante salto senza paracadute, un isterismo musicale difficile da comprendere, un'orticaria immediata ai padiglioni auricolari!
La grattata che apre il disco fa sperare in un'ulteriore passo avanti nel connubio tra metal, hardcore e pop, puntando su un'aggressività epidermica, immediata! Ma l'effetto è effimero: il passaggio a "Mu Empire" è quanto di più drastico e doloroso possa esistere, per quanto il brano di per sé sia una delle sperimentazioni più riuscite del disco assieme alla conclusiva "Two Tabs of Mescaline". O per lo meno molto più riuscita dell'impaziente voglia di notorietà che si nasconde dietro agli insulsi incisi di "Cosmopolitan Blood Loss", piuttosto che della sofferta banalità di "Ape Dos Mil".
Forzando la mano come viene fatto nel salto dalle asperità di "Pink Roses" al sound da boy-band di "Must've Run All Day" non si può sperare di cogliere un equilibrio degno di un qualche confronto con l'album d'esordio della band newyorkese. Sembra che tutto il buono fatto nel primo disco, qui sia stato filtrato ed amalgamato per poter piacere ad una fetta maggiore di pubblico, con l'unico risultato di aver rovinato quel indispensabile neutralità emotiva che stava alla base del disco d'esordio, e senza la quale il sound dei Glassjaw diventa poco più di un qualsiasi tentativo maldestro di unire più generi tra loro.
L'aggressività è meno lancinante, la sofferenza meno avvinghiante, tutto sembra cosparso di una sottile coltre che non permette alle sensazioni di arrivare a fondo nell'esperienza, di raggiungere le musiche in tutto il loro spessore. Questo è probabilmente lo scotto da pagare per passare ad una major. Ma è anche il motivo per il quale i Glassjaw non sono riusciti a fare il salto di qualità che ci si aspettava dopo l'ottimo debutto sulla lunga distanza, la spiegazione per cui probabilmente questo salto non lo faranno mai! Voto:5,5
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