Jethro Tull - (1973)
Il pubblico inglese (e anche quello italiano!) non ha colto l'ironia di "Thick as a Brick". Quello americano lo ha addirittura spedito in cima a quasi tutte le classifiche di vendita, dimostrando tutto il cattivo gusto e l'inesperienza artistica (dovuta alla rincorsa alle mode!) che possiede. Ma visto che Ian Anderson non è uno che se la mette via così facilmente, ecco un altro concept sulla stessa falsa riga.
Questa volta però la tendenza parodistica è spinta oltre ogni limite: la volontà di stupire con degli accompagnamenti esagerati dona al contesto un gusto kitsch piuttosto pagliaccesco, le storture tematiche rendono il racconto pesante e noioso: insomma sembra proprio uno scherzo fatto bene! Solo che questa volta non si tratta di un giochino!
No, questa volta i Jethro Tull fanno sul serio. E prendono una delle più grandi cantonate della loro carriera. Almeno in Europa, visto che gli americani (e due!) in quel periodo si bevevano tutto quello che arrivava da oltreoceano.
L'inutile pomposità delle piene strumentali fa sì che ci si chieda se si è finiti in mezzo ad una sagra paesana, i salti mortali verso intimità moribonde troncano il rapporto tra le musiche e l'ascolto con una precisione chirurgica, ed il tono pensieroso e sempre un po' troppo aulico dei cantati fa il resto, rendendo il disco nella sua complessità un inutile girovagare tra forzature armoniche e bisticci melodici, tra vere e proprie stupidaggini ritmiche e violenti cambi di marcia.
Insomma: un disastro!
Per fortuna non ci vorrà molto per far rinsavire Ian Anderson e soci. Ma il pericolo che questo potesse essere l'ultimo lavoro in studio dei Jethro Tull è stato decisamente grande! Voto:3
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