Aeternus - (2013)
Si inizia con un death metal che ricorda gli Arch Enemy e un non ben chiaro sapore black che incessantemente sporca le musiche. Si finisce obnubilati da un sound macilento, che solo di tanto in tanto scende a compromessi con un ascolto morbido, rubando la scena per creatività e coraggio.
In mezzo c'è il settimo lavoro in studio degli Aeternus, band norvegese fondata dall'ex Gorgoroth Ares.
Si tratta di un album difficile- almeno nella sua prima metà- capace di rimbalzare continuamente tra death e black metal, sfoderando brevi incursioni prog e qualche afflato acustico per rendere un po' più salubre l'ambiente. Il gruppo scandinavo sa scavare nel heavy classico e recuperare decisi toni nord europei, illudere l'ascoltatore di aver capito tutto e poi abbandonarlo tra le spire malvagie di brani sorprendenti e perfidi piuttosto che di arpeggi eleganti e disarmanti.
Insomma, se l'iniziale "There Will Be None" rimane un momento interlocutorio, ci pensano la title track (i Blood Red Throne sono dietro l'angolo) e, soprattutto, "Spurcitias" a palesare quel intruglio di death e black metal che caratterizza quasi tutti i brani del disco. Il senso di ineluttabile fatalità che dà la traccia numero tre è una delle emozioni più forti che piombano addosso all'ascolto, permettendosi addirittura distrazioni eccessive a favore di una componente ritmica forse un po' troppo frastagliata.
Una caratteristica che balza immediatamente all'occhio è la durata media di questi primi brani: decisamente eccessiva!
Fatto sta che gli Aeternus partono sempre a regimi medi, per poi crollare con una prima stasi e strappare verso un finale convulso e drammatico. Ma proprio quando sembra di aver acquistato confidenza ecco che arrivano due brani come "Saligia" e "The Hand That Severs the Bond of Creation" a scompigliare le carte. In realtà il trucco è piuttosto semplice: un brano troppo lungo è stato tagliato in due tracce distinte, rompendo così quello schema prevedibile che stava rendendo le musiche noiose ed interminabili.
La fucilata finale ("The Spirit of Illumination") chiude un album contorto e difficile, apparentemente piuttosto complicato dal punto di vista tecnico ma tutt'altro che immediato anche per orecchie avvezze tanto all'ambiente death quanto a quello black.
Gli Aeternus hanno fatto un ottimo lavoro, ma rischiano fortemente di non venir capiti proprio a causa di questi eccessi, di una volontà di strabiliare un tantino esagerata, di un contesto musicale nel quale è decisamente più facile perdersi che trovare qualcosa di definitivo. Voto:6
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