2013-08-18

Blind Joe Death

recensione di blind joe death di john fahey

John Fahey - (1959)


"Volevo morire e Blind Joe Death era il mio istinto di morte".
Lo stesso John Fahey definisce così la sua prima creatura musicale, bruciando qualsiasi altro commento possibile.
Cresciuto nel Maryland a pane e chitarra, il compositore statunitense parte dal blues e arriva ad una filosofia macabra, sfrutta un alone mistico suggestivo e tenebroso e sforna undici tracce capaci di rispecchiare in pieno la solitudine della vita agreste, le malattie dell'anima e quelle del corpo, una vitalità che svanisce nel breve volgere di un arpeggio.
Inizialmente deprimente, "Blind Joe Death" sa variare tra blues e country con una facilità immediata e sconvolgente, mancando di tanto in tanto il momento topico e le sottolineature paesaggistiche ("St.Louis Blues"), ma riuscendo nel suo intento principale: seppellire l'anima della musica sotto il peso di una chitarra mai così espressiva.
Elegante ma sempre al limite della virtuosismo fine a sé stesso, ricco di sfumature e giochi d'ombra, questo primo lavoro del chitarrista americano convince appieno solo in alcuni casi (l'iniziale- almeno nella ristampa del '67- "On Doing an Evil Deed Blues", la lunghissima "The Trascendental Waterfall"; guarda caso due tra gli episodi più oscuri e deprimenti del disco!), lasciando agli espedienti estemporanei di brani come "John Henry" il compito di attirare l'attenzione e voltando le spalle al destino non appena se ne presenti l'occasione. Tra episodi leggermente più vivi (ad esempio la contraddizione sonora di "Desperate Man Blues") e giri ipnotici ("Sligo River Blues"), John Fahey riesce a dare un'anima alla sua creatura, a cantarne le lodi ed a scriverne l'epitaffio.
Per quanto il colore predominante sia il nero- in tutti i sensi!- in questo esordio discografico il chitarrista statunitense dimostra di saperci fare con la sua sei corde, di essere capace di destreggiarsi in mezzo a blues, country e sprazzi religiosi, esibendo un gusto del tutto personale per le strutture sonore e per il linguaggio metrico delle melodie.
Per fare meglio ci sarà tempo; intanto le frustrazioni del cantautore in crisi depressiva sembrano aver trovato uno sfogo. Su questo sfogo John Fahey costruirà una carriera! Voto:6,5

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