2013-08-20

Blood Red Throne

recensione di blood red throne

Blood Red Throne - (2013)


Come si traduce Blood Red Throne in italiano? Semplice: Entombed, Deicide, Obituary, Cannibal Corpse e una mezza dozzina di album autografi alle spalle.
Certo, dovendo rinunciare alle capacità di Erlend Caspersen al basso- oltre alla mente pensante del gruppo Tchort, già assente nel disco precedente- le aspettative si erano ridimensionate. Ma Dod ha saputo prendere in mano la situazione e far fruttare quindici anni di onorata carriera.
Veniamo al disco... la partenza tumefatta di "Soulseller" non lascia dubbi sulle capacità tecniche del gruppo norvegese, peraltro messe ottimamente in mostra in almeno un paio di episodi ("Dodens Makt" ad esempio). I brani sono un susseguirsi di batoste senza tregua, un continuo deragliamento sensoriale durante il quale solo la non brillante performance del nuovo bassista Ole Bent Madsen e qualche esagerazione gutturale di Yngve Bolt (in alcuni momenti pericolosamente alla ricerca di Dani Filth!) riescono ad insinuare flebili dubbi sull'efficacia del disco.
Premesso che il death metal, soprattutto se violento ed abrasivo come in questo caso, non fa parte dei generi che più apprezzo, non si può non sottolineare la straordinaria verve di brani come "Hymn of the Asylum" oppure il perfido torbidume nel quale sguazza la conclusiva "March of the Undying", due tra i momenti più entusiasmanti di questo settimo full length della band scandinava.
Tra veri e propri terremoti death e scorribande thrash, i Blood Red Throne riescono a far rabbrividire dall'inizio alla fine, distruggendo ogni certezza si possa aver acquisito in territori solforosi e profondamente diretti come quelli messi in musica dal gruppo nordico. Certo, "Primitive Killing Machine" avrebbe potuto essere elaborata un po' meglio, qualche stacco in più poteva fungere da effimera speranza di redenzione, troncando quel senso di ridondanza che compare di tanto in tanto, e la presenza di un paio di riempitivi di troppo rischia di appiattire l'ascolto verso una passività poco produttiva. Sono dettagli, certo; dettagli che ad un ascoltatore poco avvezzo agli ambienti death possono dare parecchio fastidio.
Ecco perchè "Blood Red Throne" può essere considerato un lavoro discreto ma non eccezionale, un disco che lascia intravedere più potenzialità che costrutto, attorniato com'è da una sensazione piuttosto forte di work in progress.
Sintetizzando: per gli amanti del genere probabilmente "Blood Red Throne" apparirà come una gemma, per tutti gli altri, invece, è più facile che si trasformi in un disco superfluo, da buttare nel lettore solo quando si senta una fortissima necessità di spaccare tutto. Voto:6

Nessun commento:

Posta un commento