2013-08-07

One Believer

recensione di one believer di john campbell

John Campbell - (1991)


Un uomo.
Solo in mezzo alle tenebre, padrone e schiavo di uno strumento dalle potenzialità infinite come la chitarra.
Nelle lande cupe del delta del Mississippi, per uno come John Campbell, muoversi è sempre stato un azzardo, una scommessa da vincere a tutti i costi.
Del resto, se la voce è talmente nera da far invidia a qualsiasi cantante di colore e la sei corde diventa inquieta e provocatrice, se tutto diventa macabro e affascinante, la figura di un chitarrista sfregiato non può che issarsi a simbolo di musiche laceranti, livide, a tratti addirittura mistiche. Sia che si tratti di canzoni vecchie e bellissime come "Person to Person" di Elmore James, che di veri e propri inni mortiferi ("Tiny Coffin'"), John Campbell riesce a far venire dei brividi profondi e insaziabili, emozioni talmente infide e viscerali da divenire ben presto insopportabili.
Non appena si palesano le spiritate paure di "Devil in My Closet", nell'ascoltatore si insinua il presentimento di essere in pericolo, di aver osato aprire una porta dietro la quale c'è la perdizione più elegante e violenta che si possa immaginare.
Il fatto che ogni tanto si intromettano percussioni latineggianti ("Wild Streak"), rockabilly sfrenati ("Couldn't Do Nothing") e swamp rabbiosi ("Take Me Down") non cambia di una virgola quella sensazione di inquietudine che le musiche del chitarrista della Louisiana sprigionano senza soluzione di continuità.
Per tutta la durata del disco l'udito si fa piacevolmente scorticare da un sound crudo e primordiale, da un blues rovente che non lascia vie di scampo.
Il fulcro di questa seconda fatica discografica di John Campbell è senza dubbio la maligna "Voodoo Edge", ma sottovalutare la forza espressiva delle altre tracce sarebbe un errore fatale!
"One Believer" è un disco inquieto e tumultuoso, ma anche raffinato- soprattutto grazie ai dialoghi tra chitarra e organo- e sofferto, un lavoro che brucia come l'alcool su una ferita aperta, che spegne le ruvidezze dell'anima con una ricerca spasmodica per gli angoli più bui della sensibilità, scavando nella tradizione antifonica per portarsi a contatto con la perfezione.
Perdersi negli anfratti oscuri della classe di John Campbell è veramente facile. Ed è anche terribilmente bello! Voto:8

P.S.: "Voodoo Performance" (1992) è un primo, spettacolare, esempio dell'arte del blues-man della Louisiana dal vivo. Gustoso!

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