2014-08-19

A Life to Die for

recensione di a life to die for dei royal hunt

Royal Hunt - (2013)


Sembra che il dodicesimo (!) album targato Royal Hunt abbia convinto tutti: critica, pubblico, gli ascoltatori attenti e quelli estemporanei. Non una voce fuori dal coro!
Che "A Life to Die for" sia la nuova Mecca del metal sinfonico di estrazione progressiva?
Ovviamente no!
Si tratta di un bel disco, ci mancherebbe... ma anche di un lavoro che non dice nulla che non sia già stato detto più e più volte in passato, di un album costruito con eleganza, ottima proprietà dei mezzi a disposizione, ma tutto sommato piuttosto banale e noioso.
Chiaramente quando si parla di Royal Hunt è impossibile non soffermarsi sulle maestose architetture tastieristiche di Andrè Andersen e sulla stupenda vocalità del rientrante D.C. Cooper, transitato come una meteora in territori Silent Force e ricondotto a più miti propositi un paio d'anni fa, ai tempi di "Show Me How to Live".
Ecco, proprio i due virtuosi di sintetizzatore e voce sono senza ombra di dubbio il punto di maggior interesse della proposta sonora della band danese, in particolare laddove il loro lavoro viene reso ancora più intrusivo e convincente da un attento accompagnamento ritmico (l'iniziale "Hell Comes Down from Heaven", ad esempio). Purtroppo gran parte del campionario non può godere di questa comunione d'intenti, rischiando di restare schiacciato tra il peso prepotente delle textures di Andersen e velleità mainstream un tantino imbarazzanti ("A Bullet's Tale").
Non si discute la qualità di scrittura, egregia come sempre! Però per una volta i Royal Hunt peccano sia nel minutaggio- un tantinello scarno- che nella forma, costruendo composizioni troppo debitrici alla componente orchestrale e povere di sana cattiveria metal. Potrebbe sembrare una critica da niente, ma ascoltando gli incisi di "Running Out of Tears" non è difficile scoprire che il gruppo di Copenaghen ha tirato un po' troppo la corda a favore di un sound eccessivamente leggero ed allineato al pop per poter pensare di essere credibile. E' proprio a causa di questa esagerata propensione per la ruffianeria che "A Life to Die for" suona dimesso e a lungo andare piuttosto noioso.
Insomma, possiamo farci andare bene le pesanti impalcature sintetiche, ma la classica struttura introduzione-strofa-inciso-strofa-ponte-inciso ha un po' stufato! Soprattutto in questo caso, con refrain che sembrano mutuati dalla kermesse sanremese!
Che poi il disco possa piacere non dovrebbe suscitare scalpore: il gruppo danese sa il fatto suo sia per quel che riguarda la messa in atto di sonorità capaci di prendere direttamente alla pancia (la ballad "Sign of Yesterday" lo dimostra ampiamente!) che in sede di pulizia del suono e confezionamento del prodotto. Peccato che accanto a queste ottime qualità non ci siano anche canzoni capaci di tirare fuori gli attributi!
Difatti non solo "A Life to Die for" suona ridondante e tremendamente vicino al suo predecessore, ma a lungo andare rischia di diventare stopposo ed inconcludente proprio a causa delle caratteristiche che ne fanno un buon manipolo di singoli ed un mediocre album.
Detto altrimenti, gli Royal Hunt hanno saputo fare di meglio e una volta toccato uno standard qualitativo come quello di "Moving Target" è difficile accontentarsi di una minestrina riscaldata come questo dodicesimo lavoro sulla lunga distanza! Voto:6

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