2014-12-18

Blood Eagle

recensione di blood eagle dei conan

Conan - (2014)


Si può creare arte usando come elemento di base la monotonia?
Secondo gli inglesi Conan, evidentemente sì!

Arcigni nelle loro strutture di base, tremendamente solidi per quanto riguarda l'impatto emotivo, i tre ragazzotti di Liverpool stendono la loro base di monolitico e caracollante doom metal sin dall'iniziale "Crown of Talons", inserendo elementi post sono per quel che riguarda le parti vocali, puntando tutto- o quasi...- sull'ipnotico incedere ritmico e su strutture sonore inquietanti, spesso marziali, quasi sempre ad un passo dalla pura deflagrazione sintetica.
Andare incontro a mente lucida a questo secondo full-length firmato Conan è come ritrovarsi al cospetto di un energumeno ed aver voglia di affrontarlo fisicamente, ben sapendo che basterà il primo colpo per mandarvi al tappeto!
E' proprio a causa di questa caratteristica che "Blood Eagle" conquista ed allontana allo stesso momento, costringendo l'ascoltatore ad un continuo dibattito interno che puntualmente si risolve in un nulla di fatto.

E' difficile apprezzare un sound immobile e monotono senza permettere alla noia di affiorare; alla stessa maniera è impossibile non dare credito a musiche squisitamente catacombali, qualche volta al limite dell'apocalittico, magari tendenti ad un meccanicismo freddo e distaccato che può far balenare improbabili confronti con la frangia più oscura della new wave di ottantiana memoria, ma per lo più aderente ai desideri più opprimenti ed indicibili della parte più perversa dell'anima.
Insomma, cercando un'impossibile linearità discorsiva, si può dire che "Blood Eagle" si approssimi all'udito come potrebbe fare un macigno che rotola, che investe e schiaccia tutto quello che incontra sulla propria strada, ma senza raggiungere la vera destinazione, senza portare il colpo di grazia all'ascolto, come probabilmente era nelle intenzioni originali della band britannica.
Questo senso di inconcludenza che emana da brani come "Total Conquest" e "Altar of Grief", così come la tendenza ad una prolissità un tantino esagerata, fa sì che "Blood Eagle" suoni perverso e macchinoso, spesso leggermente oltre il limite rispetto a quanto un ascoltatore spassionato sia disposto a tollerare.
Giunti al loro secondo lavoro in studio, i Conan dimostrano di avere ben chiara in mente l'impostazione futura del loro sound. E forse anche questa eccessiva sicurezza non permette alla band di Liverpool di oltrepassare confini un tantino angusti e claustrofobici, in evidente crisi di ossigeno in molti episodi del full-length.
Sembra che l'unica cosa importante per i Conan sia l'aver preso con cura le misure del proprio spazio vitale, peraltro neanche poi tanto ambizioso. Il problema è che questo rinchiudersi entro vincoli eccessivamente rigidi porta la band di Jon Davis a rischiare in più di qualche circostanza di rimanere vittima del peso specifico che proprio il gruppo stesso carica addosso alle atmosfere del disco.
Vedremo cosa riserverà il futuro ai Conan: per ora limitiamoci ad osservare questa agonia con lo stesso distacco con il quale i Conan la propongono!
Voto:5,5

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