2015-02-06

Time

recensione di time dei mercyful fate

Mercyful Fate - (1995)


"Don't Break the Oath" ha segnato quel confine oltre il quale i Mercyful Fate non sono capaci di spingersi.
Quindi? Tanto vale gettare la spugna e dedicarsi ad altro!

I primi due lavori in studio della band danese hanno cambiato i connotati al metal: proseguire oltre potrebbe tradursi in un inutile accanimento terapeutico che né King Diamond né i suoi seguaci m'immagino vogliano perpetrare all'infinito. Anzi, sembra proprio che non ne vogliano proprio sapere!

Ecco che con soli due album all'attivo, la storia dei Mercyful Fate è già finita, chiusa nella bellezza ipnotica e scorticante di "Melissa" e "Don't Break the Oath"!
E invece no!
Altrimenti che ci staremmo a fare noi poveri critici?

Ad inizio anni '90 la band si riforma al completo. Manca solo il batterista Kim Ruzz, ma, all'apparenza non sembra un limite particolarmente ingombrante. Il suo ruolo alle pelli viene affidato a Snowy Shaw e si riparte di gran carriera.
O meglio, queste avrebbero dovuto essere le intenzioni del gruppo danese. Perchè a ben vedere, il primo album post reunion targato Mercyful Fate ("In the Shadows", 1993) convince decisamente poco.
Magari è solo uno stallo dovuto al rodaggio di un gruppo che non suona più insieme da una decade... vale la pena concedere un po' di credito ad una band che ha saputo rivoluzionare buona parte dell'universo siderurgico, no?
E allora ecco che ai blocchi di partenza si presenta "Time", quarta release dei Mercyful Fate e tonfo talmente fragoroso da venir ripudiato anche dagli appassionati più integerrimi di King Diamond e soci!
In sostanza, perchè "Time" floppa in maniera così clamorosa?
Innanzi tutto perchè apre citando i Black Sabbath, dimostrandosi sin dall'inizio un obsoleto recupero di cose già sentite. E poi per la prestazione dello stesso King Diamond, incredibilmente fuori fase in quasi tutte le sue intemerate vocali, esagerato negli strilli e troppo freddo e distaccato in quasi ogni interpretazione, forse mai tanto in ambasce come nel caso di questo quarto lavoro sulla lunga distanza della sua creatura.

Certo, i Mercyful Fate sono ancora dei malefici istigatori di perfidia; però nel suo complesso il full-length sembra un docile animale da compagnia se paragonato alla bestia immonda che rispondeva al nome di "Melissa"!
Non funzionano i richiami agli incubi dei tempi d'oro del gruppo danese ("Nightmare Be Thy Name"), né le prese di posizione più estreme ("The Mad Arab", "The Pracher") e tanto meno quelle maggiormente votate ad un heavy metal di maniera ("Angel of Light").
Insomma, dei Mercyful Fate degli esordi, dopo dieci anni sembra esserci rimasto solo il monicker!
Il gruppo nordeuropeo saprà dimostrare che le cose non stanno proprio così; intanto però il pubblico devoto al Fato Misericordioso si ritrova costretto a sorbirsi un album al limite dell'imbarazzante come "Time", un motivo di certo non irrilevante per lasciar perdere per un po' di tempo King Diamond e le sue bizzarre idee musicali.
Voto:4,5

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