2015-08-29

Little Black Book

recensione di little black book dei groove armada

Groove Armada - (2015)


I Groove Armada... negli anni '90 avevano contribuito al superamento dei clichè della musica da discoteca, mostrandosi come una perfetta via di mezzo tra il sound alternativo e la pura ricerca di ritmi ballabili. Da allora sono passati quasi vent'anni e dei Groove Armada sembravano essersi perse le tracce. "Lovebox", pubblicato nel 2002, aveva demolito le ultime speranze della coppia londinese di tornare ai fasti di fine anni '90, e "Soundboy Rock" (2007) era quasi riuscito a far rimpiangere il suo predecessore, portando gli appassionati a pensare che il momento di appendere i giradischi al chiodo, per la coppia inglese fosse solo questione di tempo.

Poi, come d'incanto, Tom Findlay ed Andy Cato sono tornati alla carica con un doppio album dato alle stampe in due momenti tra loro diversi ma in perfetta continuità concettuale come "Black Light" e "White Light" (2010) e con il full-length argomento di questo post, miscuglio di inediti e remix che di certo saprà smuovere gli istinti più danzerecci di tutti gli appassionati di elettronica ballabile.
Questo perchè, sfruttando tutto il mestiere che i due dj londinesi hanno accumulato nel tempo e un'innata capacità di coinvolgimento, il doppio (pseudo)album in questione riesce a scatenare adrenalina con una certa costanza e permette all'ascoltatore di godere di sporadiche finezze artistiche.
Si tratta, però, di caratteristiche che si perdono velocemente nei difetti del disco, diventando in men che non si dica solo sparuti lampi di ottimismo in mezzo a parecchia noia e desideri di eutanasia artistica.
Il perchè è presto detto: nel giro di un paio d'ore, i Groove Armada sembrano a più riprese perdere contatto con il sound, ossia smarrire la retta via del divertimento danzereccio a favore di una ricerca piuttosto sterile. Non a caso il principale difetto di questo doppio LP è la mancanza di costrutto, quella evanescenza di fondo che fa sì che ogni singolo brano sembri un abbozzo, un'idea, un concetto che non ha saputo trovare compimento.
A sua volta tutto l'album eredita questo senso di provvisorietà dai brani che lo compongono e da una track list a dir poco eccessiva. Si potrebbe obiettare che il secondo disco di "Little Black Book" è una raccolta di remix e che quindi andrebbe trattato a parte, ma la scelta dei Groove Armada di appiccicarlo a quello che a tutti gli effetti è la pubblicazione ufficiale- cioè, tanto per essere chiari, il disco numero uno- non lascia molti margini di manovra, costringendo chi ascolta il doppio album a valutarlo nella sua interezza.
E' proprio a causa di questa tendenza ad una specie di elefantiasi strutturale che "Little Black Book" si ritrova ad esprimere idee nelle quali è decisamente più facile perdersi che trovare dei punti di riferimento validi. Un po' a causa della continua ed inesausta ricerca del suono perfetto, di un arrovellarsi sul senso estetico delle musiche e sulla validità di alcune scelte tematiche un po' troppo dispersive, e un po' per l'insopportabile dilatazione temporale dovuta alla quantità di materiale inserito nel full-length, questo ottavo lavoro sulla lunga distanza firmato Groove Armada non riesce a far fruttare a dovere tutto il lavorio che supponiamo stia alla base della composizione sonora messa in pratica da Tom Findley ed Andy Cato.

Il gruppo inglese meriterebbe di certo più considerazione e un seguito maggiore; se non altro per il ruolo che ha avuto in passato. D'altra parte, bisogna anche essere onesti: come si dice il gergo "tecnico", i Groove Armada non funzionano più! Amen...
Voto:5

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