2015-09-18

L'abitudine di tornare

recensione di l'abitudine di tornare di carmen consoli

Carmen Consoli - (2015)


Carmen Consoli... una cantautrice dalle potenzialità straordinarie!
L'ho sempre pensato.
Vuoi per quel modo di cantare tutto singultoso, vuoi per una capacità incredibile di descrivere la realtà con garbo, cattiveria e una punta di cinismo, vuoi per l'eleganza delle musiche, quasi mai fuori da quelli che sono i canoni tipici del folk-rock di stampo tricolore... insomma, Carmen Consoli all'interno del mio personale universo musicale ha sempre trovato un posto di una certa importanza.
A maggior ragione dopo aver ascoltato questo ultimo lavoro in studio, in linea con quanto la cantautrice siciliana ha fatto in passato ma, contemporaneamente oltre le aspettative per quanto concerne la qualità di scrittura!

No, non parlo delle musiche; comunque gradevoli e decisamente adatte ad incorniciare i testi. Quello a cui mi riferisco è il superbo candore con il quale Carmen Consoli parla di vita vissuta, talvolta in una maniera quasi amareggiata per quanto vede attorno a lei- e in lei!- e si ritrova a descrivere, più spesso semplicemente realista, quasi verista nel dipingere quei quadri di ordinaria follia che noi normalmente chiamiamo vita.
Che si tratti di intricate e scivolose storie d'amore, raccontate con quel pizzico di malizia che non guasta mai (la title track), piuttosto che di semplici e spontanee passioni messe in musica con una poetica maestosa ("Ottobre"), o ancora di istantanee dimesse ed amareggiate, atte a descrivere uno stallo civile che ancora sempre fa fatica ad uscire da sé stesso ("Esercito silente"), il risultato cambia davvero di poco!
Carmen Consoli ha la straordinaria capacità di ammaestrare le note e farle diventare un tutt'uno con una sintassi forbita ed un uso spumeggiante di aggettivi, raccontando una serie di emozioni senza tralasciare mai la componente ambientale né permettersi un visione parziale.

Da questo punto di vista sono in pochi a saper tenere testa alla cantautrice catanese: a memoria potrei citare Max Gazzé (non a caso coautore di "Oceani deserti"), Niccolò Fabi e Paola Turci! Non a caso gli elementi migliori usciti dalla scuola cantautorale degli anni '90!
Tornando al disco... ascoltando "L'abitudine di tornare" è veramente difficile resistere dal farsi trascinare nel puro piacere dell'ascolto, da quell'estasi artistica che solo un album capace di creare una relazione simbiotica con l'ascoltatore può riuscire a creare. Questo è dovuto alla bellezza intrinseca di brani come "Sintonia imperfetta" (contenente un accenno al celeberrimo tema di "Voglio vivere così", originariamente interpretata da Ferruccio Tagliavini) e "Oceani deserti", alla verve tragicomica, epidermica e furiosamente livida de "La signora del quinto piano" ed alla struggente sincerità di "La notte più lunga".
Forse l'unico momento non proprio riuscito del full-length è la critica sociale contenuta in "Forse un giorno", in qualche modo stonata rispetto al tenore generale dell'album. Sì, si tratta di un dettaglio, della classica critica cercata con una qualche smania per concedersi il lusso di trovare l'imperfetto anche nella perfezione.

Vabbé, forse ho un po' esagerato... "L'abitudine di tornare" non è un disco perfetto. Però ci si avvicina parecchio e, vista la qualità della produzione discografica italiana coeva, ai miei occhi appare come un salutare sospiro di sollievo!
Voto:7,5

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