2015-09-12

Overnight Sensation

recensione di overnight sensation dei motorhead

Motorhead - (1996)


Le cose non vanno? La critica è impietosa e se ne frega di decenni di successi e di un nome che ha fatto la storia del metallo pesante? Le vendite non più lusinghiere come un tempo?
Machissenefrega!
I Motorhead sono i Motorhead!

E anche se di tanto in tanto ci provano ad uscire dal seminato (l'armonica di "Crazy Like a Fox", tanto per fare un esempio), il risultato non cambia di una virgola: la band inglese prosegue per la sua strada e se ne infischia di tutto e di tutti! E' il miglior modo possibile per Lemmy Kilmister e compagni per tornare agli antichi splendori!
Non a caso "Overnight Sensation", pur non convincendo del tutto, torna a far sprizzare scintille dagli altoparlanti, a percuotere per bene l'udito dell'ascoltatore, a far tremare i muri come ormai non succedeva da un bel po' di tempo.
Il binomio posto in apertura di full-length è di quelli che tagliano le gambe a qualsiasi critica: quasi otto minuti di heavy metal privo di compromessi, caustico e tremendamente familiare!
Poi le cose cambiano un pochino... "I Don't Believe a Word" ci va giù pesante dal punto di vista concettuale ma esteticamente lascia un tantino a desiderare. Poco male: via con un'altra sferzata di adrenalina pura con la rovente "Eat the Gun" e con un colpo ad effetto come la title track, antica come il fuoco a legna e forse proprio per questo bellissima!

Non è finita!
"Love Can't Buy You Money"- abile gioco di parole che canzone i cari vecchi Beatles- suona grezza e puntuta, "Broken" investe la sensibilità senza lasciare ostaggi e la vibrante ferocia di "Them Not Me" si rivela capace di mettere pepe al culo anche al più coraggioso dei seguaci dei Motorhead.
L'ultimo trittico di brani- e in particolare il rock n'roll screanzato di "Murder Show"!- non fa altro che confermare lo stato di buona salute della band britannica, lasciando presagire un ritorno a fiamma sui palchi di mezzo mondo non appena l'ambiente sarà abbastanza caldo da permettersi la presenza di una bestia furibonda come quella guidata da Lemmy Kilmister.
Non a caso poco dopo la pubblicazione di questo tredicesimo lavoro sulla lunga distanza vedranno la luce una serie interminabile di retrospettive- "Stone dead Forever", "Take No Prisoners", "Motorhead" ed il quadruplo "Protect the Innocent", tutti pubblicati nel 1997!- e una manciata di live di discreto livello come "King Biscuit Flower Hour Presents Motorhead" del 1997, il doppio "Everything Louder Than Everyone Else" del 1999 e l'ottimo "25 and Alive Bonshaker" pubblicato nel 2001. Oltre, ovviamente, a "Snake Bite Love" (1998), album deludente che lascio volentieri ad altri il compito di commentare e criticare.
Voto:6

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