2015-09-14

Fuck the Money

recensione di fuck the money di talib kweli

Talib Kweli - (2015)


Se vi ricordate ne abbiamo parlato poco tempo fa... Ai tempi in cui quel fuoriclasse bruciatosi troppo in fretta di Mos Def stava iniziando la sua scalata al mondo del rap, un personaggio singolare ne seguiva le orme, dando il suo contributo per quello che a tutt'oggi è il miglior lavoro in studio del rapper newyorkese, ossia "Mos Def & Talib Kweli Are Black Star".
Per quel che mi riguarda, quello è l'unico contatto che abbia mai avuto con Talib Kweli. Alla luce di quanto sentito nel caso del suo settimo lavoro in studio- mixtape? Album? Che importa!- qualche rammarico sorge in maniera spontanea!

Ebbene sì, "Fuck the Money" è inaspettatamente un gran bel disco rap!
Cattivo ma elegante, evidentemente legato alla corrente che vede come capofila Eminem ma attento a mantenere solidi contatti con la vecchia scuola rimaiola, Talib Kweli ha finalmente centrato il lavoro definitivo, l'album della maturità, il disco che può riassumerne la carriera e completarne la storia.
Accompagnato da vari ospiti e amici, tra i quali un genio della console come Amadeus- al secolo Antwan Thompson, già produttore di 50 Cent e Fabri Fibra- il rapper statunitense snocciola rime con un'eleganza fuori dal comune, strisciando in mezzo a strade polverose e mal frequentate, stralci di romanticismo nostalgico e problematiche estemporanee senza mai perdere la bussola, anzi lasciando che sia il talento a fungere da navigatore per orientarsi all'interno della track list.
Ne nascono canzoni stupende e decisamente accattivanti anche per orecchie relativamente distratte come "Echoes"- complice Miguel- e "Baby Girl"- morbidoso e bollente lento gestito dalla calda voce di Kendra Ross- ma anche episodi di puro e selvaggio rap ("Gratitude", "Nice Things", la title track), comprese invettive piuttosto velenose nei confronti dei classici target del rap da strada.
Certo, si tratta di clichè che forse hanno fatto il loro tempo, però per un mc che trae parte della sua linfa vitale dal periodo d'oro dei De la Soul, si tratta di un inevitabile prezzo da pagare. Si tratta anche dell'unica critica possibile ad un album come "Fuck the Money", intenso elaborato sonoro nel quale estetica, tecnica e metodo si fondono in maniera perfetta, permettendo ad ogni singolo brano di mostrarsi in tutto il suo splendore ed al full-length nel suo insieme di andare oltre la semplice somma delle canzoni che lo compongono.

Insomma, in un periodo povero di veri craque in ambito hip-hop, ritrovarsi con un vecchierello della musica in rima a dare le piste a tutti è una soddisfazione mica da poco.
E ora c'è da superarsi... o almeno lo spero...
Voto:7

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