2025-03-23

Ascolti perduti #33

 


La scorsa puntata di Ascolti Perduti l’abbiamo fatta abbastanza di corsa. Sì, forse qualche disco inserito in rubrica poteva essere trattato a sé stante: cose da scrivere ce n’erano parecchie. Però è andata così e pazienza. Tanto in questa 33esima puntata partiamo decisamente più rilassati e tranquilli.

Come? Con un lavoro new age, più precisamente di “Beyond the Horizon 2 – Mystical World” (2016;Voto:ng) di Patrick Kelly. Si tratta del seguito di un lavoro concettuale uscito parecchi anni prima- nel 2000, forse...- tutto atmosfere e meditazione, suoni presi dalla natura e pianoforti, ritmiche leggere e grande trasporto. Impossibile giudicare un album così, almeno per il sottoscritto. Quindi ve lo segnalo e ammetto che a tutti gli effetti si tratta di un lavoro capace di distendere i nervi e portare la mente in uno stato di quiete piuttosto piacevole. Se poi lo si ascolta davanti ad un camino acceso, mentre fuori piove… buon pisolino!


Chi invece di sicuro non vi farà dormire è Florian Hecker. Non un musicista in senso stretto quanto piuttosto un artista poliedrico, più legato alla vista che all’udito. O meglio, ad entrambe le esperienze contemporaneamente.

Il suo lavoro a quattro mani con Mark Leckey “Hecker Leckey Sound Voice Chimera” (2015;Voto:ng) è una delle esperienze più straordinarie che possiate immaginare. Straordinaria in quanto fuori dall’ordinario, sia ben chiaro! Perchè il disco- o forse sarebbe meglio dire il concetto?- è la trasposizione sonora di “Chimerization”, installazione multisensoriale iniziata nel 2009 ed evolutasi nel tempo.

Giusto per capirci: niente che non sia più lontano dalla musica, in qualsiasi forma la si possa intendere.

“Hecker Leckey Sound Voice Chimera” è sperimentazione allo stato puro, una serie incessante di stimoli uditivi che può provocare altrettanti stati d’animo, tutti piuttosto forti, non ultima una potente irritazione. Siamo in piena avanguardia e, per quanto per esempio a me spaventi parecchio andare ad impattare contro lavori di questo tenore, dei quali temo di capire poco o nulla che non vada oltre l’impatto emotivo immediato, mi permetto di consigliarne l’esperienza a chi voglia vedere nel suono e nel rumore un percorso di stimolazione nervosa estrema. Con tutte le conseguenze del caso, ovviamente.


La stessa situazione, ma completamente diversa in realtà, vale anche per i Theories al loro debutto sulla lunga distanza. “Regression” (2015;Voto:5) il titolo.

Possiamo dire che l’esperienza sia simile a quella descritta poco sopra perché estrema e in qualche modo capace di incutere timore con un sound che spesso sembra più una macina trita nervi che un insieme di canzoni. Totalmente diversa perché qua di sperimentazione ce n’è gran poca. Anzi, a ben vedere quello che manca agli statunitensi Theories è proprio la personalità, qualcosa che faccia esclamare anche solo per un brano: toh, va che ci sono i Theories!

Peccato! Le capacità sembrano esserci e anche la voglia di fare. Manca quella scintilla di creatività che faccia da lume guida ma magari è solo questione di tempo e stiamo affrettando i tempi. Allora facciamo così: “Regression” è un’incognita e per risolverla serve aspettare. Speriamo bene…


Passiamo in ambito elettronico con “AM:PM” (2015;Voto:5,5) firmato Aerotronic.

Techno-trance più o meno moderna e sfarfallona quella proposta dalla coppia belga, fatta di promiscuità novantine (“Fooves”) ma anche di un’idea piuttosto lungimirante di suono e progressività tematica. Piacciono abbastanza le tendenze dissonanti di alcuni episodi, le facezie psicotrope di altri ma nel suo insieme l’album fa un po’ fatica a sopravvivere in quanto tale, facendosi preferire decisamente più per le sue componenti che per il suo aspetto generale. Diciamo un album in divenire che necessita di una maggior cura per l’impasto. Peccato sia anche l’unico di cui ci sia traccia a nome Aerotronics. Peccato davvero!


Lo stesso grosso modo vale per il progetto Aerts, anche se in questo caso la spinta avanguardistica sembra un attimo più accentuata e la tendenza a studiare bene gli elementi spinta a livelli quasi sperimentali.

“Volan” (2015; Voto:5,5) ha infatti la capacità di sondare e spulciare le potenzialità del suono cibernetico più e meglio del suo omologo belga, ma anche la tendenza a perdersi dentro le proprie strutture smarrendo spesso e volentieri la bussola e trovando non poca difficoltà nel recuperare la giusta via d’uscita.

Diciamo due modi di intendere l’elettronica da discoteca in qualche modo complementari o addirittura a tratti paralleli, entrambi con qualcosa da dire ma senza aver ancora trovato il modo giusto per farlo.

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