2025-03-16

Elaenia

 


Floating Points – (2015)


Non appena “Nespole” inizia a introdurre il tema che la porterà a svolgimento si intuisce che “Elaenia” non sarà il solito disco di elettronica.

Intendo un lavoro basato su artefatti cibernetici che o battono il ritmo in 4 e non sanno bene dove andare a pigliare il resto o fughe indefinite verso lo spazio estremo durante le quali è più facile rinunciare al viaggio piuttosto che immaginare una strada per tornare indietro.

Nel caso del disco di debutto di Sam Shepherd è facile percepire sin dalle prime battute che tutto questo non appartiene alla mentalità del nostro. In alcun modo! “Nespole” riesce infatti ad essere contemporaneamente un costrutto caldo e accogliente ma anche il presupposto di una tensione concreta, palpabile, una specie di materassone sul quale provare diverse consistenze, diverse morbidità e diverse asperità.

Si tratta solo della partenza di un percorso che già con il successivo movimento in tre parti intitolato “Silhouettes” porta la fantasia a ritrovarsi peregrina ma con i piedi ben piantati a terra grazie ad un approccio jazz dall’eleganza superba.

E dire che il musicista britannico è poco più di uno sbarbatello appena uscito dal guscio della sperimentazione elettronica! Roba da non crederci. Sentire con quale cura è trattato il suono, con quale rispetto viaggiano ritmiche e melodie, campionature e sintesi armoniche è una delle esperienze più piacevoli che si possano immaginare. Per lo meno in ambito musicale, ca va sans dire. Davvero un gran bel lavoro, non c’è che dire!

In 10 minuti Sam Shepherd riesce a condensare raffinatezza e creatività, trovare un contatto sinaptico tra jazz e funk, espandere un modo di intendere la musica decisamente aristocratico fino all’estremo del piacere estetico. Dopo una sbornia di questo livello, proseguire con la track list non è semplice. Un po’ per l’esigua capacità di assimilare la musica rimasta a disposizione, ma soprattutto per le aspettative, che a questo punto diventano altissime. Non che il produttore inglese crolli dopo le prime due tracce: in fondo sia la sperimentazione brada della title track che le tendenze cyber-ambient di “Argente” e “Thin Air” si sposano bene con il resto della musicalità del full length e riescono a mantenere costantemente il livello di tensione dell’ascolto su limiti di guardia. Manca però un po’ di mordente, un po’ di fascino puramente concettuale, per quanto di concetti più o meno formali di certo non ci sia carenza da queste parti.

Diciamo che senza la suite in tre movimenti che li ha preceduti, i brani successivi di questo esordio sulla lunga distanza sarebbero poco meno di una goduria. Così si riducono un po’ ad uno spazio, ampio e ben arredato sia chiaro, dove riprendere coscienza di sé stessi e del mondo circostante. Se sia un merito o un (mezzo) passo falso secondo me dipende per lo più da quanta energia è riuscita a portarsi via “Silhouettes”, oltre che dai gusti personali.

Il colpo di genio di Floating Points sta nel recuperare sul finire del disco la stessa magia espressa nei suoi primi, estasianti, momenti, riportando in primo piano il jazz con “For Marmish” e in qualche modo concludendo quel poco che era rimasto in sospeso nella suite con la conclusiva “Peroration Six”.

Alla fine del percorso proposto da Sam Shepherd l’unica espressione possibile è: wow! Forse era dai tempi dei Nucleus che non sentivo maneggiare il jazz contaminato con tanta grazia e conoscenza della materia. E con una disinvoltura a dir poco invidiabile.

Insomma, per Floating Points un debutto che va dall’inaspettato- almeno per il sottoscritto- al sublime, un primo lavoro in studio capace di sedurre con intelligenza, sempre molto bello, sempre molto intellettuale, sempre molto affascinante. Spettacolo!

Voto:7,5

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