2025-04-29

A/B

 


Kaleo - (2016)


Chi di voi segue il calcio si ricorderà di sicuro i Campionati Europei del 2016, quelli in cui un manipolo di sconosciuti (semi)dilettanti si ritrovarono sulle prime pagine dei giornali, di solito inquadrati da un pubblico tanto spontaneo e fresco quanto appassionato e verace. Mi riferisco all’Islanda e al suo incredibile cammino lungo la kermesse europea per nazionali più importante.

Il 2016 dev’essere quindi stato un anno incredibilmente proficuo sotto molti punti di vista per la terra dei geyser! Sì, è vero: chi sa di finanza o comunque ha memoria del periodo non potrà non pensare a quanto abbia dovuto fare il governo isolano per supplire ai disastri finanziari successivi al crack della Lehman Brothes. Però nel 2016 tutto questo ancora non esiste. E per fortuna verrebbe da dire! Perchè altrimenti dubito che un album come “A/B” dei Kaleo avrebbe avuto la necessaria considerazione.

Sarebbe stato un peccato! Perchè è un album che nasconde chicche di un certo valore.

Sì, ok, il traino “Way Down We Go”, un blues variegato soul che davvero non ci si aspetta da una band proveniente dalla fredda Islanda. Ma anche la successiva “Broken Bones” non scherza, quasi che per una volta un oceano sia null’altro che il collegamento tra due mondi che altrimenti possono solo intuirsi, non certo conoscersi.

Quello che invece è relativamente disturbante di questo esordio sulla lunga distanza dei Kaleo è l’anima più rock, quella rappresentata dall’iniziale “No Good” oppure da "Glass House”, brani tutto sommato neanche disprezzabili ma in diretta controtendenza rispetto ai momenti più delicati di un disco che di certo punta sulla spontaneità per mettere in luce la sua anima.

Poi, a ben vedere, che il contesto sia un blues profondo e tradizionale oppure una rockettata violenta, la voce roca e grattata di Jokull Juliusson rimane quel tocco in più che potrebbe fare la fortuna di tutti i gruppi rock del globo. E’ solo questa continua altalena tra momenti di bruciante passione calata nel mito del blues e attimi di puro deragliamento roccioso a lasciare un po’ perplessi, quasi che il disco abbia due anime e che queste non sempre siano d’accordo l’una con l’altra.

Un buon connubio lo si può trovare nella caldissima “Hot Blood”, ma è l’unico momento del full length in cui il binomio sembra trovare la copula perfetta. Per il resto “A/B”, pur suonando intenso ed elegante, addirittura raffinato come in “Automobile”, ha questo sentore di doppiezza che non solo spezza i ritmi ma addirittura a volte distrae dal percorso originale.

Nota finale: molto apprezzabile l’idea di mettere almeno un brano in lingua madre- “Vori Vaglaskogi”- a maggior ragione se fatto nel pieno rispetto del resto della track list, qua sì trovando un equilibrio assolutamente sublime.

In conclusione, che dire del debutto discografico dei Kaleo? Che si tratta di un lavoro che fa del passato un punto di riferimento importante ma anche ingombrante, che fa fatica a promuovere una personalità decisa da parte della band islandese. Oppure, rovesciando il concetto: adesso che i Kaleo hanno dimostrato di far propria la tradizione è ora di dimostrare quanto in là riescano a spingere i loro concetti musicali. Al prossimo album l’onere della prova.

Voto:6,5

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