Re-Up – (2015)
In ambito discotecaro gli equilibri sono importanti. Oserei dire fondamentali. Forzando un po’ la metafora potremmo dire che la musica da club è un po’ come la pasticceria: non basta avere ingredienti ottimi e strumenti adeguati, serve trovare i giusti equilibri. Che poi spesso sono matematica e sensibilità unite in maniera solida e costante.
La ricetta in fondo difficilmente si discosta più di tanto da un pedissequo rispetto delle istruzioni di base. Certo, bisogna conoscerle e rispettarle, ma in fondo questa è la parte più facile per chi abbia dimestichezza con il materiale in questione. La differenza a questo punto la fa la sensibilità, il sapere dare colori oppure toglierli, impostare le giuste fragranze, dare corpo all’impasto, lasciare che l’aria penetri a dare più volume, diluire le componenti più coprenti per lasciare più spazio possibile a tutto il resto. Ecco, i Re-Up, coppia di produttori veneti confezionati in salsa teutonica, dotati da una visione piuttosto lunga su quello che può essere il presente e il futuro della musica da discoteca, queste qualità sembrano avercele tutte!
Lo si intuisce nel breve volgere delle prime tracce di “Nelcorpo”, primo (per quanto ne so) vero e proprio album di inediti del binomio italiano e nelle delicatezze di un sound minimale ma ben centrato, fatto di ritmiche ripetitive ma non noiose, suoni che intrecciano tra loro il garbo per l’esperienza eterea data dalla consecutio ritmica e le riflessioni tematiche a livello di campionamenti, quasi un gioco di specchi nel quale perdersi è tanto facile quanto piacevole.Per capire l’andazzo generale bastano le prime due tracce: “The Mole” e “6AM”, due costrutti in cui viene fuori la capacità dei Re-Up di distillare il suono, ridurre ai minimi termini la musica e trasportare l’emotività su un piano parallelo alla realtà e con questa in contatto più dal punto di vista emotivo che da quello sensibile.
Forse, però, il grande pregio di “Nelcorpo” non sta neanche nelle sue componenti, che prese una ad una poco si discostano da una tendenza piuttosto in voga sia in quel di Ibiza che sulla costa est degli States: la vera forza del disco sta nel percorso che propone se assorbito sulla distanza, gustato e assaporato in tutte le dimensioni proponibili dall’oggetto album.
I brani hanno infatti una consequenzialità piuttosto rara a queste latitudini, godono di un trasporto che si accentua con il passare delle tracce e, per quanto un attimino logorroico in qualche sua parte- “Two in a Row”, potata degli estremi avrebbe potuto essere ben più efficace- e tendente all’offuscamento verso fine track list, in tutto e per tutto risulta il valore aggiunto di un album che può dare discrete soddisfazioni agli addetti ai lavori ma anche risultare gradevole a chi non bazzichi locali dal ballo.In ogni caso si tratta di un ottimo punto di partenza, non certo di un progetto fatto e finito. Se sfruttato a dovere potrebbe portare a rimodulare in maniera corposa la componente più minimale del filone techno contemporaneo.
Voto:6,5
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