Swamp Witch – (2015)
Se una band si mette nome “strega della palude” di solito le possibilità sono due: o si tratta di una specie di parodia horror e qua le cose sono relativamente semplici, oppure si prende molto sul serio e allora le variabili diventano infinite. Se poi al primo album viene messo titolo “La palude strisciante”- o almeno credo- questa percezione binomiale volta a cercare di prevedere cosa si andrà ad ascoltare diventa un vero e proprio cruccio.
Basta mettere su il disco e farlo partire, mi direte. Certo, fino a qua ci arrivavo anch’io; però il gusto di provare a fare il mago prevedone, dai, ha il suo perché.
In ogni caso, che sto tergiversando, “The Slightering Bog”, album di debutto degli statunitensi Swamp Witch a quale delle due categorie appartiene? Alla seconda, senza dubbio! La band californiana si prende decisamente sul serio e non ci pensa neanche a parodiare alcunché. Anzi, non appena “Strange Cults” fa la sua comparsa tutto diventa immediatamente lento e stopposo, quasi che le musiche vogliano essere più dinamiche ma proprio non venga permesso loro di farlo da una volontà superiore.
Se il primo brano arranca, il secondo deraglia direttamente verso le più macilente e tremebonde viscere del metal più torpido e viscoso si possa immaginare, peraltro condito da vocals gutturali e non declamati come nella migliore tradizione doom, cosa che da ancora più possanza al sound.La parte del protagonista, comunque, spetta al basso di Jacob, sempre inquietante, sempre cadenzato e ricco di profumi mortiferi, sempre a suo agio tra le catacombali sequenze di scale che portano le liriche a spiegare antichi culti, esoterismo e occultismo, temi evidentemente piuttosto cari ai nostri.
La componente più affascinante dal punto di vista estetico del sound degli Swamp Witch è data invece dal costante senso di soffocamento emotivo che provoca. No, non una sensazione spiacevole, anzi, tutto sommato in qualche modo rilassante, un po’ come il momento in cui ci si addormenta dopo una giornata di dolori.
Poi c’è l’altra faccia della medaglia, l’atavico vulnus della maggior parte delle band doom metal, più o meno moderne: la noia! Per una volta, tra l’altro non serve neanche andare troppo lontani per accorgersi che dai che ti dai, il gruppo americano tende ad assopire i sensi e spingerli a disinteressarsi alle musiche. Ad esempio durante gli interminabili 8 minuti della pur pregevole “Marsh of Delusion”, ma poi ciclicamente lungo tutta la track list in un discontinuo andirivieni di distrazione e domande tipo: cos’è che stavo ascoltando?Per arrivare al sodo, il punto è che gli Swamp Witch mettono in opera un metal compassato e mortifero, viscido e inglobante, ottimamente rifinito da elementi psicotropi, solo che di tanto in tanto si perdono nel loro stesso labirinto, spingendo l’ascoltatore ai margini per avere il tempo e le energie per ritrovare la strada e tornare a coinvolgere. Magari sono solo sensazioni mie e altri, con diverse sensibilità, potrebbero trovare questa critica pretestuosa però “The Slightering Bog” a me sembra più un punto di partenza che uno di arrivo, con tutti i vantaggi e le pecche del caso.
Voto:6
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