2025-05-04

Bes

 


The Dwarfs of East Agouza - (2016)


Cos’è la musica?

Si potrebbe dire un composto fatto da ritmo, melodia e storie. Certo è un modo un po’ didascalico di intendere il concetto ma chi può dire che ci sia qualcosa di sbagliato nell’intendere la musica in questa maniera?

Certo, noi oggi siamo abituati- potremmo dire assuefatti, in realtà- ad un’idea più schematica, quadrata del concetto musicale. Quasi che una delle arti più antiche create dall’uomo sia un oggetto perfettamente calzante con il contenitore che noi vogliamo affibbiargli. Il fatto che non sia così non solo è la base sulla quale si muove la sperimentazione sonora ma anche proprio il fulcro della necessaria apertura mentale che serve avere per capire cosa si sta ascoltando.

Prendiamo ad esempio i The Dwarfs of East Agouza, letteralmente i nani di Agouza dell’est: si tratta di un trio di musicisti per un terzo statunitense e per due terzi egiziano. Che poi non si dica che la geopolitica non c’entra con la musica. C’entra tutto, basta saper ascoltare.

Comunque, il trio per un terzo e due terzi etc… fanno musica, questi tre. Non è possibile negarlo. Però sfido chiunque a trovare nella loro musica qualcosa che vada anche solo vicino ai paradigmi che solitamente usiamo per definire le forme sonore, dalla canzone in poi. Si tratta di pura elaborazione concettuale del suono, di improvvisazione geolocalizzata perché di stanza a Il Cairo ma in realtà capace di vagare liberamente per il Nord Africa e fare pure qualche capatina in medio oriente, che tanto è là vicino e non è che si faccia più di tanta fatica.

Il presupposto della band egiziana è comunque uno e semplice: ognuno dei musicisti mette in ogni singolo esperimento sonoro quello che ha dentro in quel preciso momento. Si chiama improvvisazione, se non si fosse capito. In questo modo, i percorsi artistici di un album come “Bes” diventano vecchie strade polverose lastricate di elettronica, cammelli cibernetici con la chitarra a tracolla, tempeste di sabbia che percuotono pelli stese al sole torrido, maniacalità cerebrali spinte oltre qualsiasi limite vi possiate prefigurare.

E’ un viaggio “Bes”, uno di quei viaggi che si possono percepire solo se si è abituati a viaggiare, spogliati dell’arroganza tipicamente umana ma in particolar modo profondamente occidentale di sapere cosa sia la musica.

Sì, ok, però… un attimo… “Bes” può essere definito un bel disco? No, direi proprio di no. Innanzi tutto perché è un lavoro impegnativo e faticoso, decisamente non adatto a chi intenda la musica come svago. E poi perché si tratta di un full length che lega tra loro componenti non sempre pronte ad un rapporto stabile e duraturo. In “Where’s Turbo” ad esempio, laddove un lavorio onnidirezionale della parte più etnica fa molta fatica a trovare buon sostegno in un’elettronica invariabile e antiquata e in una componente ritmica ingessata e ipervigile.

Però “Bes” è così, non è che si può prendere solo a momenti, in base ai gusti estemporanei di chi ascolta. E’ un album verace ed istintivo, in tutto e per tutto la volontà grezza di tre musicisti di creare qualcosa di alternativo e futuribile.

Arrivare a fine track list senza una qualche pausa ristoratrice è impresa decisamente ardua ma non impossibile, laddove il rischio maggiore riguarda la capacità dell’ascoltatore di sintonizzarsi sulle giuste frequenze più che la disponibilità dei costrutti sonori ad essere appetibili. Vero è che i The Dwarfs of East Agouza sembrano spesso fare il passo più lungo della gamba ma… chi può dire quanto sia effettivamente lunga una gamba? Altresì è probabile che al primo ascolto “Bes” sia un labirinto in cui è facile perdersi, privo com’è di qualsiasi punto di riferimento. Ma anche qua è facile ribattere che i punti di riferimento sono quelli che ci creiamo noi per sentirci più confortevoli, mica dati oggettivi ed eterni.

Alla fine di tutta ‘sta spataffiata qua, “Bes” merita o no?

Certo che merita! Solo occhio a tenere ben in mente lezione base: la musica è ciò che vogliamo definire tale non ciò che è per sé stessa. Ci siamo capiti, spero...

Voto: dai, per una volta ditemelo voi

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