2025-05-04

Boom Boom Room Side A e B

 


Palaye Royale – (2016) - (2018)


Io sono anziano. E come tutti gli anziani ho la necessità di demolire tutto il nuovo. Del resto è l’antitesi della violenza del giovane, che vorrebbe distruggere tutto quello che è vecchio. Leggi di natura.

In ogni caso, la mia anzianità mi porta a mal digerire tutta questa necessità di bucarsi varie parti del corpo o colorarle in modi più o meno stravaganti. Sì, è un po’ come i vecchi di quando ero giovane io che criticavano i capelloni, cosa che a me per esempio non fa né caldo, né freddo. Magari un po’ di invidia, quello sì, ma tutto qua.

Arrivando al punto, di certo il glam rock non se lo inventano i Palaye Royale, questo è ovvio. Però c’è qualcosa nel loro essere glam che mi urta dal profondo. Al di là di certe stravaganze estetiche, che comunque un loro peso ce l’hanno. Sarà quel continuo piagniucolare che sgorga sia dai testi (“Don’t Feel Quiet Right”) che dai vocals di Remington Leith- che non raramente richiama i toni e i modi di Steven Tyler- oppure quel suonare vecchio cercando di sembrare attuale, o forse entrambe queste cose.

Prendiamo ad esempio “Mr. Doctor Man”: non vi ricorda un certo sound piuttosto in voga anche in terra italica? Magari un po’ meno luccicoso ma in sostanza è la stessa cosa che stanno facendo i Maneskin: coprire di visibilità scenica una musica vecchia come il cucco. Oppure possiamo utilizzare come riferimento brani come “Warhol” e “Ma Cherie” e quel voler estrapolare la componente indie dal suo contesto originale.

Non so, praticamente tutto in “Boom Boom Room (Side A)” riesce a farmi passare la voglia di ascoltare l’album, di proseguire nell’esperienza sonora. Certo, si tratta di punti di vista. O meglio, il mio punto di vista, l’unico che conta a queste latitudini. Però davvero c’era bisogno di infarcire la track list di rimasugli di pubblicazioni perse nella fase adolescenziale del gruppo? Non, so, chiedo… Sempre ammesso che la fase di cui sopra non sia ancora in essere. A giudicare da brani come “Live Like We Want To” non si direbbe.

Quello che però probabilmente più di ogni altra cosa crea una sensazione di fastidio all’ascolto è il continuo rimestare in costruzioni superate, neanche tanto di per sé quanto per il modo in cui vengono espresse musicalmente dal trio lasvegasiano.

In linea del tutto teorica, i due anni che passano dalla pubblicazione della Side A del disco alla sua naturale prosecuzione portano ad un’evoluzione del suono. Solo che il risultato finale, tolte certe velleità orchestrali e una chiusura (“The Boom”) sorprendentemente avvolgente, non è che aggiunga molto alla caratura artistica della proposta sonora dei Palaye Royale. Anzi, a ben vedere, vista la durata striminzita della track list e una scrittura al limite del balbettante si potrebbe addirittura pensare che i brani della seconda puntata di “Boom Boom Room” siano gli scarti dell’ideazione originale.

Non so, alla fine la doppietta che rappresenta l’effettivo esordio sulla lunga distanza della band statunitense apparentemente poco chiede e poco dà. E per come la vedo io più di tanto non può neanche pensare di ricevere.

Voto: 4,5 e 5

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