2025-05-06

Life

 


Knower – (2016)


Avevo due possibilità per aprire questo post… e mi sa che le sfrutto tutte e due.

Apertura numero 1: cosa caspita è l’indietronica? Cioè esiste davvero un genere che si chiama così? Quando l’ho letto su un sito specializzato stavo cascando dalla sedia. Poi magari ha un sacco di significati, è una cosa serissima, etc. Ma di primo acchito non vi nascondo che mi ha fatto molto ridere.

Apertura numero 2: io mi ci metto anche di impegno nel cercare di essere serio, di scrivere cose (relativamente) sensate e tutte queste cose qua. Se poi però mi si piazza davanti una cover come quella di “Life”, quarto lavoro sulla lunga distanza degli americani Knower, ditemi voi come si fa a prendere la cosa sul serio.

Davvero! Ma l’avete vista? No, secondo me non avete guardato bene: sopra la capoccia di Genevieve Artadi, alla destra del mondo in frantumazione pixelata. Adesso l’avete visto? Bene. Ditemi ora come faccio a scrivere di “Life” senza lasciar andare qualche sana chilata di ironia e sarcasmo… come dite? Non devo farlo? Nessuno mi obbliga? Allora a posto, siamo a cavallo!

Quindi via che si parte con “Knower Rulez” e tutto sommato va bene: un’introduzione fatta di dissonanze vagamente eteree, tendenti a caricare l’atmosfera di suspance ma senza spaventare. Certo quel paio di tocchi di cassa e lo slogan posto a fine sequenza lasciano un po’ di brividino ma fino a che non parte la botta electro-pop funkeggiante di “Hanging On” è davvero difficile decidere cosa aspettarsi dal disco.

Il problema però non è qua. Il problema arriva con la seguente “The Government Knows”!

Ma dico io: si può strillare ai quattro venti che “il governo sa quando ti masturbi”? Cioè, ma… ‘sti qua ci sono o ci fanno? Ecco, forse la domanda più giusta da farsi all’ascolto di “Life” è proprio questa: Louis Cole e Genevieve Artadi ci sono o ci fanno?

A giudicare dal resto della track list la risposta sembra quasi scontata: ci sono! Nel senso che sono degli squilibrati, dei pazzi furiosi, dei fuori di di testa senza attenuanti. E, come tutti i membri di queste categorie, almeno in ambito artistico, sono la cosa più lontana dalla noia che si possa concepire. E per fortuna!

Perchè a ben vedere il costrutto di EDM, acid jazz, funk e pop che la coppia californiana propone non è che sia il massimo sotto il profilo dell’espressività o della creatività. Voglio dire, in “Life” ci sono brani carucci come le lente e affusolate “All Time” e “More Than Just Another Try”, scatenate piece dal ballo facile come “Die Right Now”, “Pizza” oppure “Lose My Mind”. Ci sono però anche vere e proprie follie sonore come “Butts Tits Money” e scippi pseudo-psichedelici come “Real Thing” per un campionario che, dopo un primo ascolto, sembra ondivago e forse fa un po’ fatica a mantenere una direzione precisa e in ogni caso non sembra avere il phisique du role per resistere ad una critica seria e competente. A dire il vero anche dopo un secondo ascolto. E un terzo e un quarto.

A pensarci bene forse l’idea della coppia californiana era proprio quella di creare una gran confusione e in mezzo, qua e là, metterci quel po’ di arte e stravaganza capaci di donare croccantezza e gusto al tutto. Ma forse il vero segreto di “Life” è un altro, e cioè che è un album fatto in maniera apparentemente poco seria, da prendere apparentemente poco sul serio e che apparentemente è solo puro e semplice divertimento. Apparentemente…

Voto:6,5

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