2025-06-15

Aa

 


Baauer – (2016)


Se sei o fai- la differenza è sottile ma c’è!- il dj e cominci ad avere un certo seguito, di solito le possibilità non sono poi tante. Resti nella tua zona di comfort utilizzando le creazioni altrui per elaborare qualcosa di personale. Oppure ti scatta la scintilla e ti parte il colpo di genio che in qualche modo viene tradotto musica e si trasforma in una hit. Ultima possibilità: ti metti a studiare e diventi un musicista, forse un compositore, comunque uno che di musica ne capisce.

Harry Rodrigues, in arte Baauer, queste tre fasi le ha passate tutte. E anche piuttosto velocemente. Vabbè, la prima, va da sé deriva dalla sua inesausta attività alla console. E va bene. Il colpo di genio invece arriva nel 2013 e porta il titolo di “Harlem Shake”. Non che sia una trovata particolarmente acuta; in fondo vengono mescolati un po’ di cliché in voga, un’elettronica portante acidula e divertente, bassi belli oliati e ingannevoli e qualche parolina in spagnolo che fa sempre estate. Però si tratta di un brano che ha venduto un sacco, è piaciuto alle masse danzerecce e in qualche modo ha creato una specie di moda.

Il passo successivo, ovviamente, è trasferire questa intuizione in un album. E qua forse Baauer ha sorpreso tutti, per primi i suoi aficionados. E per secondi i suoi detrattori. Perchè il ragazzo si è messo a studiare, a cercare di capire come comporre un lavoro che riesca sì a piacere ma abbia anche della qualità, sia a livello di scrittura che nella pura resa estetica.

Il risultato? Così a occhio e croce un ibrido equidistante tra le varie posizioni di cui sopra, un melting pot che in qualche modo riesce a portare avanti un’idea coerente e tutto sommato riuscita- “GoGo!” e “Temple” hanno comunque avuto il loro momento di gloria sulle piste da ballo- ma che allo stesso tempo soffre il peso della necessaria intraprendenza perdendosi un po’ in sé stesso.

Traduco, che mi sa che l’ho fatta troppo complicata… ci sono i pezzi da ignoranti patocchi, perfetti per aumentare l’adrenalina delle serate da ballo. Penso alla già citata “GoGo!”, ma anche a “Day Ones”, a “Body”- il pezzo migliore del lotto!- a “Make It Bang” ed alla hit “Temple”. Che poi la ricetta non è che sia particolarmente complicata da mandare a memoria: si prende un tema, melodico o vocale, di quelli che entrano in testa subito, gli si piazza sotto una cassa bella grassa e tutta balzelli per provare a nascondere l’ormai superato 4/4, qualche drop qua e là e il gioco è fatto. Certo, detta così sembra roba che può fare chiunque e magari non è proprio così semplice. Però da un punto di vista puramente (ri)creativo la ricetta è tutto sommato accessibile e direi che funziona abbastanza.

Diverso il discorso quando si passa a modelli meno immediati e in qualche modo velleitari come “Sow” oppure “Good & Bad”. Si sente che c’è una volontà di ricerca, una forte propulsione all’esperimento; però si sente anche che c’è molta confusione nelle idee, quasi che l’intuizione si sia scontrata con la realizzazione, trovando più difficoltà di quanto si era previsto nella copula delle due componenti.

Poi, alla fin fine “Aa”- che titolo è "Aa"? Serve solo per essere il primo in ordine alfabetico o c'è dell'altro?- è un lavoro che ha i suoi meriti, per chi sia appassionato del genere si ascolta anche con un certo gusto e tutte queste belle robe qua. Manca la zampata definitiva, il salto di qualità che porti ad un nuovo, inevaso concetto sonoro. La strada non sembra del tutto sbagliata ma bisogna ancora lavorarci un po’. A Baauer, vista l’età ancora decisamente dalla sua parte, le occasioni di certo non mancheranno!

Voto:6,5

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