Bianca Casady & the C.I.A. - (2016)
Dopo “Heartache City” c’era molta curiosità attorno alle CocoRosie. Le sorelle Casady hanno fatto un percorso tutto in crescita e l’ultima creatura discografica presupponeva ambizioni piuttosto spinte, quindi una certa voglia di capire fin dove possa arrivare la creatività della coppia statunitense era piuttosto stringente.
La prima sorpresa arriva non appena la copertina del disco appare davanti ai miei occhi: Bianca Casady & the C.I.A. E Sierra che fine ha fatto? E chi sono questi C.I.A? Cioè, dubito siano i men in black dell’intelligence americana. O almeno spero.
Comunque il mistero dura poco: si tratta più o meno dei compagni di viaggio di sempre delle sorelle Casady, a partire da Doug Wieselman, sempre pronto a dare sostegno musicale alle idee bislacche ed affascinanti delle CocoRosie e ora valido supporto per Bianca e per il suo ambizioso progetto artistico.
Sì perché “O$car Hock$” non è solo un disco. Si tratta di una piece teatrale fatta in collaborazione con Bino Sauitzvy e Jean Marc Ruellan. Insomma, sembra che le CocoRosie- o almeno una metà- non abbiano alcun desiderio di fermarsi alle conquiste già ottenute ma vogliano spingere lo sguardo oltre l’ostacolo e ampliare i paradigmi della creatività che le ha da sempre contraddistinte.
Rispetto al progetto originale, Bianca Casady in questo slancio solista da una parte rispetta puntualmente l’ormai riconoscibile impronta CocoRosie ma, dall’altra, in qualche modo prova ad andare oltre, macchinando musicalmente e sperimentando vocalmente. Per quanto sia impossibile non percepire profumi bjorkiani nelle scelte vocali sempre un po’ creepy e volutamente infantili della cantautrice statunitense, in questo primo album (pseudo)solista è evidente la spinta sperimentale che negli album pubblicati sotto l’egida CocoRosie sapeva sì farsi vedere ma difficilmente monopolizzava la scena come in questo caso.
E’ un po’ la classica arma a doppio taglio, che da una parte affascina e smuove una marea di sensazioni più o meno profonde, mentre dall’altra porta il disco ad una costante mancanza di equilibrio, quasi che Bianca, senza sua sorella a fianco, faccia molta fatica a stare nei confini che lei stessa ha disegnato.
“O$car Hock$” di certo non è uno di quegli ambienti in cui ci si sta comodi, adagiati nelle certezze emotive a cui siamo abituati. Anzi propone un andirivieni denso e costante di dissonanze e imprevedibilità, tanto da costare parecchia fatica ad un orecchio che volesse provare a svelarne i segreti e comprendere tutte le nuances. D’altra parte è un album fatto di tanta passione, uno di quei dischi che o si amano o si odiano ma difficilmente lasciano indifferenti.
Sì è squilibrato, sì a tratti è estenuante, sì mostra un aspetto delle CocoRosie che sembra privato dell’elemento stabilizzatore. Allo stesso tempo sembra anche un passo più lungo della gamba, un voler anticipare i tempi per la smania di arrivare subito, un altro grande esempio di desiderio sperimentale e propulsione artistica, un lavoro che, ne sono sicuro, con il tempo acquisterà consapevolezza e gusto e troverà una dimensione idonea ad accoglierlo. Con il tempo…
Voto:7
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