2025-06-21

Skin

 


Flume – (2016)


La distanza tra genio e follia spesso dipende più dalla misura di chi giudica che dall’effettivo carattere delle due componenti rivali.

Sono il contesto e i dettagli a fare la differenza tra un qualcosa che può valere da chiave per aprire le porte del futuro, uno slancio lungimirante e coraggioso nell’avanguardia da una parte e, dall’altra, uno sproloquio incomprensibile, precipitoso nel voler dispiegare delle potenzialità che non verranno capite. Potrebbe essere uno dei pensieri di Harley Edward Streten, in arte Flume, scorgendo le ambivalenze dei commenti al suo secondo lavoro sulla lunga distanza.

“Skin” infatti, come e più di molti lavori che puntano sfacciatamente a modificare il percorso della storia, ha la capacità di confondere e far nascere nell’ascoltatore sensazioni tra loro contrastanti, addirittura mettendo in dubbio la stessa capacità di percepire quello che gli altri percepiscono. Prendiamo ad esempio “Never Be Like You”, lancio mediatico del full length: il tema melodico è piuttosto semplice e molto elegante, con la canadese Kai- all’anagrafe registrata con il più aristocratico nome di Alessia Patrizia De Gasperi Brigante- ad avvolgere con le sue note la sensibilità dell’ascoltatore e sedurlo con grazia e un fare quasi malizioso nelle sue suppliche amorose.

I grattacapi arrivano quando ci si sofferma sulla componente ritmica: il fatto di non sapere se un beat ci sarà oppure no e, se presente, di che pasta sarà fatto visto che nella misura ritmica non ci sono due beat in fila uno uguale all’altro da una parte destabilizza, da un’altra sorprende, da una terza diverte e da un’ultima confonde.

Chiaro l’intento destrutturante della scrittura ma comprensibile immagino anche la sensazione di essere al cospetto di un giocherellone con tanti bei tasti davanti che si gingilla cambiando suono ad ogni piè sospinto. Immagino sia questa la componente più divisiva di un album come “Skin”, la caratteristica che da una parte ha fatto gridare al prodigio e dall’altra ha offeso l’estetica della musica quadrata e regolare.

Io, a dirla tutta vedo parecchia furbizia in queste scelte apparentemente bizzarre ma in realtà più che altro illusorie, quasi che Flume non sia altro che un prestigiatore che sa come attirare l’attenzione dell’ascoltatore su un dettaglio per poi sbalordirlo dalla direzione diametralmente opposta ma senza in realtà il bisogno di alcuna magia.

Ok, proviamo a stare più terra terra: non appena il disco parte è immediata la sensazione di qualcosa di poco confortevole, con quel basso che picchia oltremisura e questa dinamica con più buchi che appigli. D’altra parte, man mano che la track list procede, ci si scopre abili nel saper individuare le trappole e anticipare le mosse del produttore australiano, riportando le componenti melodica e testuale al centro della scena.

Ed è qui che “Skin” mostra la sua parte più fragile e in qualche modo vulnerabile. Infatti basta togliere una melodia vocale particolarmente suadente per dare sfogo ad una specie di rap (“Lose It”) oppure a cantati più ariosi ed eterei ma meno corposi e incisivi (“Numb & Getting Colder”) che immediatamente le musiche diventano un luogo neanche poi tanto misterioso in cui il divertimento più grande è capire quale sia la logica secondo cui ogni singolo elemento ritmico viene messo a seguire quello precedente e ad introdurre quello successivo.

A questo punto è piuttosto facile accorgersi che l’ago della bilancia è l’ospite di turno messo a comando delle linee vocali e che la differenza non la fa tanto la location quanto le portate messe in tavola. Ecco, restando in ambito culinario, verrebbe da dire che quella proposta da Flume è una portata composta da tanti ingredienti, assemblati in maniera apparentemente casuale ma in realtà legati tra loro da una logica a volte sfuggevole, più spesso semplicemente istintiva.

Resta pur sempre un assemblaggio, una pietanza cruda, a cui manca la dimensione vera e propria del piatto. D’altra parte, lo chef è giovane e sta cercando di trovare un suo posto nel mondo. “Skin” fa parte di questa ricerca, di certo non ne è l’approdo definitivo.

Voto:6


P.S. scusate, un piccolo appunto: tra le varie recensioni a “Skin” ho trovato un refrain presente quasi ovunque tra chi si dice estasiato dall’arte di Flume: se ti piace questo tipo di musica, allora “Skin” ti piacerà. Oppure, declinato al negativo: se non ti piace questo tipo di musica, allora non ascoltarlo nemmeno questo album perché non ti piacerà. Solo io trovo questo modo di ragionare incredibilmente spassoso?

Nessun commento:

Posta un commento