2025-06-10

The Bells

 


Kornell Kovacs – (2016)


“The Bells” l’ho ascoltato per la prima volta passeggiando.

E’ una cosa che mi capita spesso. Ascoltare dischi passeggiando, non “The Bells” in particolare.

Comunque, una caratteristica che da subito mi è sembrata quanto meno fastidiosa, per non dire irritante, è l’inserimento in ogni singolo brano di un suono “sporco” in fondo alle musiche, quasi un tappeto distorto inserito a supporto dei brani con una qualche funzione che faccio molta fatica a capire. Vabbé, è solo un dettaglio ma è il dettaglio che mi ha accompagnato fino a casa, fino al momento di scoprire chi sia Kornell Kovacs e cosa sia “The Bells”.

Dunque lui è un dj e produttore svedese- sì, svedese… allora io sono un critico musicale!- al debutto sulla lunga distanza, con parecchia esperienza dietro alla console e una marea di progetti attivi, uno su tutti il lancio dello Studio Barnhus, con il tempo diventato un serbatoio di menti elettroniche decisamente proficuo nonché una palestra piuttosto importante per la creazione di musica digitale.

Ok, fino a qua diciamo che non siamo poi tanto fuori dalla norma: un dj che vuole ampliare il suo universo creativo, si mette a produrre e un po’ alla volta si allarga e scopre nuovi orizzonti per dare sfogo alla sua arte. Storia di successo e con i giusti meriti ma in fondo un film già visto. Quindi, “The Bells” cos’è?

Per come la vedo io si tratta di un contenitore. Come una specie di baule in cui si buttano tante cose che sul momento sembrano inutili ma metti che un domani possano trovare una loro collocazione nel mondo. Ecco, i brani del disco di debutto di Kornell Kovacs hanno un po’ queste sembianze: tante cose buttate in un contenitore, che sembrano abbastanza inutilizzabili ma in qualche modo potrebbero tornare utili in futuro.

Tolta l’intro “Szikra”- scintilla in magiaro… perché Kovacs è svedese, ribadisco- che non si capisce bene a cosa serva, da “BB” in poi il campionario proposto dal produttore scandinavo è una parabola schizofrenica di stili e gusti, un potpourri di cose che apparentemente nulla c’entrano l’una con l’altra ma che a ben vedere… no, effettivamente non c’entrano nulla!

C’è della disco music di scuola funky passata in un transistor rotto (“BB”), percorsi orientaleggianti dal fare mistico e dalle ritmiche maniacali (“Dollar Club”), uno schiaffo di violenza latina pompata al testosterone (“Gex”), ostinati privi di una direzione precisa (“Dance… While the Record Spins”), qualche momento di house music (quasi) classica (“Sziv Utca”) e un outro che va ben oltre l’esasperante (“Urszusz”). Il tutto per un campionario che già di per sé scricchiola ma che messo tutto assieme in un unico contenitore diventa un’esperienza veramente difficile da decifrare, quando non del tutto molesta a causa dei quei rumori di fondo tremendamente inopportuni.

Potrete capire quanto sia rimasto meravigliato a scoprire che in realtà “The Bells” ha una considerazione piuttosto alta sia tra gli addetti ai lavori che tra gli appassionati, tanto da meritarsi voti inaspettatamente alti nelle pagelle. Boh, magari sono io che non ci capisco niente, però un po’ mi viene un dubbio: non è che chi si è prodigato in complimenti riguardo a questo esordio firmato Kornell Kovacs l’ha fatto solo perché gli è stato detto che è un bel disco? No, perché se uno crede che Kovacs sia svedese, allora può credere a tutto.

Voto:4,5

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