After Osmosis – (2016)
Cosa vediamo quando sogniamo?
Paure? Speranze? Desideri?
Probabilmente tutte queste cose assieme racchiuse in un’allucinazione che solo un organo complesso e straordinario come il cervello può elaborare.
Per gli After Osmosis di A.J. McQuay le immagini scaturite dai sogni sono spazi immensi in cui perdersi, in cui lasciar andare una parte di sé senza alcuna garanzia di riuscirla poi a ritrovare. Succede spesso lungo una track list ariosa e portata naturalmente al viaggio mentale. Ad esempio in “Distant Loved Ones”, laddove è proprio la dimensione scenografica a fare da spartiacque tra ascolto crudo e esperienza sonora.
Il problema di questo primo album della band cosmopolita è arrivarci alle tracce più belle e passionali come la già citata “Distant Loved Ones” oppure “A Favorite Place” e la conclusiva “This Dream Only Last the Night”, con ogni probabilità il punto più alto del full length. Questo perché sono i primi due brani del disco a lasciare un attimo perplessi.
La title track e “Is It Darkness, or Is It Light”, con quegli ostinati di pianoforte, all’inizio in qualche modo ammaliano l’udito ed i sensi e pure incuriosiscono con quel loro sentore meditabondo e circolare. Non ci vuole molto, però, per rendersi conto che all’ennesimo giro sulla stessa struttura la sensazione che inizia a fare capolino è di fastidio, quasi ci si fosse distesi su un letto apparentemente lussuoso e invitante per poi scoprire che si tratta di un giaciglio scomodo, al limite dell’irritante.A mettere i vari brani che compongono la track list su una bilancia potrebbe sembrare ingeneroso, forse anche scorretto, pensare che due canzoni possano pesare tanto quanto, se non di più, il resto della track list. Il punto però è che si tratta dei due brani iniziali, dello sbarramento naturale che si staglia in fronte all’ascoltatore e che preclude il passaggio verso le visioni allo stesso tempo maestose e intime che rappresentano l’arte degli After Osmosis da “Images of Days Gone By” in poi.
Magari A.J. McQuay e compagni intendono proprio questo per osmosi: resistere alla penetrazione molesta di due creature ridondanti al limite dell’esasperazione per poi raggiungere una specie di quiete sensoriale, ideale paesaggio per dipingere la propria visione dei sogni. O magari mi sto facendo un sacco di castelli in aria e semplicemente i primi due episodi del full length altro non sono se non un’interpretazione poco riuscita di concetti sonori in realtà intriganti.Un vero peccato! Perchè, per quanto non si tratti di un lavoro particolarmente innovativo o comunque capace di andare oltre certi paradigmi cari a realtà come post rock e ambient, “ What Do You See When You Dream” ha un potenziale interessante. Tutto sta nel sopravvivere ai primi sette minuti del full length, poi i sogni si sveleranno a voi. Forse…
Voto:5,5
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